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LAFRONTIERAWEB.IT
PERIODICO DI INFORMAZIONE 
DIRETTORE NICOLÒ CRISTALDI
ANNO XXXVI, PERIODICO REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI MARSALA AL N.89-8/89
REDAZIONE: MAZARA DEL VALLO, VIA DEI GIARDINI FIORITI 116

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COSI' VANNO LE COSE...

Mi chiedo, come mai i gruppi di turisti hanno il piacere di incontrare l' ex sindaco onorevole Cristaldi e non riescono a relazionarsi con gli attuali amministratori (desaparecidos)...Vittorio Frazzetta

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I FUTURISTI SI ORGANIZZANO

In preparazione la riunione dei quadri dirigenti dei Futuristi. A Gennaio il lancio del nuovo programma politico culturale

MAZARA DEL VALLO, MANCATA ESCAVAZIONE PORTO CANALE

L'indifferenza delle istituzioni e della gente

Magistratura, separazione carriere, la sinistra fa autogol

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CHI ABBANDONA RIFIUTI IN STRADA E' INCIVILE...E CHI NON LI RACCOGLIE?

MAZARA DEL VALLO, FU VERA DEMOCRAZIA?

SALVINO CATANIA, PITTORE DEL SOGNO

SHARAQA B&B A MAZARA DEL VALLO.
UN'OPERA D'ARTE DI HAJTO

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E VABBE', FACCIAMOLO QUESTO PONTE, MA NIENTE NOSTALGIA

CHI VIVE DI PASSIONI E DI IDEALI NON MORIRA' MAI

Intervento di Nicola Cristaldi

Social, tra stupidità e invidia: la guerra dei frustrati dietro lo schermo.

Viviamo in un’epoca in cui i social network sono diventati piazze virtuali, ma troppo spesso assomigliano più a tribunali improvvisati che a luoghi di confronto civile. Tra utenti anonimi e profili “in prima fila”, si è diffusa una nuova categoria di frequentatori della rete: i tromboni digitali. Persone che, nascondendo le proprie frustrazioni, assumono il ruolo di censori e critici della società, senza alcuna autorevolezza né competenza.

Si tratta quasi sempre di soggetti che scaricano sugli altri i propri fallimenti. Persone che non hanno saputo cogliere le opportunità della vita e che, davanti a chi ha costruito e realizzato qualcosa, reagiscono con rabbia e disprezzo. La loro arma è la parola scritta, tagliente ma sterile: una sequela di accuse, ironie e insulti che poco hanno a che fare con l’analisi e molto con l’invidia.

Un esempio lampante è quello delle critiche rivolte all’attuale sindaco di Mazara del Vallo, accusato da un non noto trombone di non aver saputo “decristaldizzare” la città. Un termine usato a sproposito, che in realtà cela un attacco personale più che politico. In queste invettive, si dimentica volutamente che proprio con l’amministrazione Cristaldi Mazara ha vissuto anni di rinascita: dal recupero ambientale al risanamento della casbah, dalla creazione di una spiaggia urbana al tanto atteso depuratore, fino agli eventi internazionali che hanno acceso i riflettori sul patrimonio artistico e culturale cittadino. Un modello di sviluppo che ha favorito il turismo e con esso la nascita di centinaia di strutture ricettive e ristoranti.

Eppure, per chi vive di rancore, nulla è sufficiente. Non si tratta di amore per la verità né di desiderio di miglioramento: sono ferite personali, delusioni mai elaborate, fallimenti che diventano odio verso chi ha saputo lasciare un segno. Così, l’arena dei social si trasforma nel palcoscenico di piccoli gladiatori dell’astio, pronti a colpire chiunque ricordi loro ciò che non sono riusciti a essere.

Alla fine, il vero problema non è la critica — legittima e necessaria in democrazia — ma il veleno dell’invidia che la alimenta. Perché quando il dibattito si riduce a sfogo di frustrazioni personali, non si costruisce nulla: si distrugge.

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UNA FAMIGLIA EBREA RESPINTA DA UN ALBERGO A RAGUSA

Nicola Cristaldi

già Sindaco di Mazara del Vallo ed ex Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana

"Apprendo con profonda amarezza dell’episodio accaduto in provincia di Ragusa, dove una famiglia proveniente da Israele si è vista rifiutare l’ospitalità in una struttura alberghiera. Un fatto che, a prescindere dalle drammatiche vicende internazionali che riguardano i rapporti tra Israele e Palestina, rappresenta una discriminazione ingiustificabile e contraria ai principi di accoglienza e di umanità che appartengono al popolo siciliano.

La nostra terra, nei secoli, ha sempre dimostrato di essere luogo di incontro, scambio e convivenza tra culture, religioni e tradizioni differenti. È proprio in questa ricchezza che si riconosce l’identità più autentica della Sicilia.

Per questo, rivolgo un invito sincero e cordiale alla famiglia israeliana a venire a Mazara del Vallo, dove potrà scoprire una comunità che da sempre vive nella diversità e nel rispetto reciproco. Qui, ogni giorno, convivono armoniosamente le voci del muezzin con i canti religiosi e le processioni cristiane; qui esiste un quartiere, abitato prevalentemente da musulmani, che custodisce spazi dedicati alla cultura ebraica.

Mazara del Vallo è un esempio concreto di come la convivenza tra popoli e fedi differenti non solo sia possibile, ma rappresenti una delle più alte virtù umane. Una ricchezza che, sono convinto, meriterebbe di essere riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.

Sicilia è accoglienza. Sicilia è rispetto. Sicilia non può e non deve essere teatro di discriminazioni."

Suicidio in carcere a Messina, l’avvocato di Argentino chiede l’intervento del Garante

Il suicidio di Stefano Argentino, il 27enne accusato dell’omicidio della compagna di università Sara Campanella, avvenuto mercoledì nella casa circondariale di Messina Gazzi, continua a sollevare interrogativi. Il suo legale, l’avvocato Giuseppe Cultrera, ha chiesto l’intervento del Garante dei detenuti, denunciando presunte carenze nella sorveglianza e nella gestione psicologica del giovane.

«Non è la prima volta che in questo istituto penitenziario registriamo decessi su cui restano zone d’ombra – afferma Cultrera – e che nascono da valutazioni sbagliate sull’opportunità di una vigilanza rafforzata».

Secondo il legale, Argentino, inizialmente inserito in regime di alta sorveglianza per aver manifestato fin dal suo ingresso in cella intenzioni suicidarie, sarebbe stato improvvisamente declassato a un livello di controllo meno rigido. «Ho saputo di questa decisione solo dopo la sua morte – racconta – e sembrerebbe che il provvedimento fosse stato adottato oltre due settimane prima».

Cultrera sottolinea che il detenuto era seguito da un team composto da quattro psicologi e uno psichiatra, eppure, a suo dire, nessuno avrebbe colto la gravità della sua fragilità psichica. «Parliamo di un uomo che aveva già annunciato l’intenzione di togliersi la vita e che era finito in infermeria dopo aver smesso di bere acqua per oltre 17 giorni. Come è possibile che ciò non sia stato valutato in tutta la sua gravità?» si domanda.

Il legale ribadisce la responsabilità dello Stato nella custodia e tutela della vita dei detenuti: «Privare un cittadino della libertà significa assumerne la piena responsabilità. Chi ha autorizzato il declassamento della sorveglianza ha commesso un errore grave, sia dal punto di vista clinico che gestionale, e dovrà risponderne. Non si tratta di un evento imprevedibile: questo era un suicidio annunciato».

Un ulteriore elemento critico, secondo Cultrera, riguarda la presenza in cella, da circa due mesi, di un televisore senza restrizioni sui canali accessibili. «Così – conclude – gli è stato permesso di rivedere e rielaborare ogni giorno, attraverso la lente spesso distorta dei media, la vicenda giudiziaria che lo vedeva imputato, senza che fosse garantito il necessario supporto psicologico».

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MAZARA DEL VALLO, IL QUARTIERE MAZARA DUE ABBANDONATO

MAZARA DEL VALLO, GALLERIA SANTO VASSALLO

Interviene Vito Di Giovanni

MAZARA DEL VALLO IN MANO A DILETTANTI

Ci vuole la pazienza di Giobbe


ALTRO CHE INTERVENTO TEMPESTIVO: I CANADAIR NON C’ERANO, E LO ZINGARO BRUCIA
ZINGARO IN FIAMME, CANADAIR ASSENTI: CIMINNISI (M5S) .

"ALTRO CHE INTERVENTO TEMPESTIVO": SONO PAROLE DURE QUELLE PRONUNCIATE DALLA DEPUTATA REGIONALE DEL MOVIMENTO 5 STELLE CRISTINA CIMINNISI, CHE PUNTA IL DITO CONTRO LA GESTIONE DELL’EMERGENZA INCENDI DEL 25 E 26 LUGLIO, QUANDO LA RISERVA DELLO ZINGARO E QUELLA DI MONTE COFANO SONO STATE DEVASTATE DALLE FIAMME.
SECONDO CIMINNISI, I CANADAIR DI BASE ALL’AEROPORTO DI BIRGI – A POCHI MINUTI DI VOLO DALLO ZINGARO – AVREBBERO POTUTO INTERVENIRE SUBITO, CONTENERE IL ROGO, FORSE PERSINO SALVARE LA RISERVA. E INVECE NO. QUEGLI AEREI, DENUNCIA, “ERANO ALTROVE, PROBABILMENTE DIRETTI SUL MUOS DI NISCEMI”, A DECINE DI CHILOMETRI DAL DISASTRO IN CORSO. UNA SCELTA OPERATIVA CHE OGGI SOLLEVA PIÙ DI UNA DOMANDA.
A RENDERE ANCORA PIÙ AMARO IL BILANCIO, LE DICHIARAZIONI DEL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE REGIONALE, L’INGEGNERE SALVO COCINA, CHE HA PARLATO DI “PREVENZIONE ORGANIZZATA IN MODO ADEGUATO” E DI “INTERVENTO TEMPESTIVO” CHE SAREBBE STATO DECISIVO PER EVITARE IL PEGGIO. “MA IL PEGGIO È SUCCESSO – REPLICA CIMINNISI – LO ZINGARO È BRUCIATO. DI COSA STIAMO PARLANDO?”
LA PARLAMENTARE ANNUNCIA LA PRESENTAZIONE DI UN’INTERROGAZIONE URGENTE E UN ACCESSO AGLI ATTI PER OTTENERE OGNI DETTAGLIO OPERATIVO SULLE ORE CRITICHE IN CUI LE FIAMME HANNO DIVORATO ETTARI DI PATRIMONIO AMBIENTALE UNICO. “IL GOVERNO REGIONALE – ACCUSA – TENTA DI RACCONTARE UN’ALTRA STORIA. MA I CITTADINI MERITANO VERITÀ, NON COMUNICATI RASSICURANTI”.
NEL FRATTEMPO, LA CONTA DEI DANNI CONTINUA: DECINE DI ETTARI DI MACCHIA MEDITERRANEA INCENERITI, BIODIVERSITÀ COMPROMESSA, TURISMO IN GINOCCHIO. E UNA DOMANDA CHE BRUCIA PIÙ DELLE FIAMME: POTEVA ESSERE EVITATO TUTTO QUESTO?
NEI PROSSIMI GIORNI, L’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA SARÀ CHIAMATA A FARE LUCE SU UNA GESTIONE CHE, SECONDO MOLTI, LASCIA TROPPE OMBRE.

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Marsala, sei giovani feriti in un tragico incidente all’alba: due in gravi condizioni
Un nuovo drammatico episodio di sangue sulle strade, all’uscita dai locali notturni

 

 È un macabro rito che si ripete, quasi con puntualità, nei fine settimana. All’uscita da discoteche e pub, quando l’adrenalina della notte si mescola all’incoscienza e al gusto della velocità, le strade diventano trappole mortali. Una generazione che sembra non conoscere regole continua a pagare un prezzo altissimo in termini di vite e ferite.

 

L’ultimo, tragico episodio è avvenuto alle prime luci dell’alba di oggi in via Trapani, a Marsala, nei pressi dell’Istituto Agrario-Alberghiero Abele Damiani. Sei giovani sono rimasti feriti in un violento incidente stradale, due dei quali versano in condizioni gravi, con prognosi riservata sulla vita.

 

Secondo una prima ricostruzione, due auto che sfrecciavano ad alta velocità in direzione del centro cittadino si sarebbero scontrate con una terza vettura, a bordo della quale viaggiavano alcune ragazze che stavano tornando a casa dopo la serata. L’impatto è stato devastante, reso ancora più pericoloso dalla totale assenza di illuminazione nella zona.

 

I soccorsi sono arrivati rapidamente, con tre ambulanze che hanno trasportato i feriti al pronto soccorso dell’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala. Ma l’emergenza si è scontrata con un’altra realtà drammatica: al momento dell’arrivo, in reparto era presente un solo medico di turno. I pazienti, alcuni dei quali con traumi cranici significativi, hanno dovuto attendere per poter essere sottoposti a esami diagnostici fondamentali come la TAC.

 

I carabinieri, giunti sul luogo dell’incidente, hanno immediatamente avviato gli accertamenti del caso. I conducenti delle vetture coinvolte sono stati sottoposti all’alcol test, i cui risultati saranno determinanti per chiarire la dinamica e le eventuali responsabilità.

 

Ancora una volta, la notte si è trasformata in tragedia. Le famiglie attendono con ansia notizie dai reparti, mentre la città si interroga su come fermare questa spirale di incoscienza e morte.

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È ARRIVATA LA CONDANNA...

Si tratta della querela presentata da Giorgio Randazzo

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MAZARA DEL VALLO...CITTA' ALLO SBANDO

Intervento di Vito Di Giovanni, segretario dei FUTURISTI

L'ACQUARIO SI È VOLATIZZATO.

Nicola Cristaldi: Un'opera utile per la crescita dell'immagine di Mazara del Vallo

Mazara del Vallo, turismo in calo: la bellezza non basta più

Mazara del Vallo rischia di perdere smalto sul fronte turistico. A confermare i timori, dati in flessione e lamentele diffuse tra operatori del settore e visitatori. Una città può essere affascinante quanto vuole, ma non basta. Deve essere anche funzionale, pulita, viva. E soprattutto, raccontata positivamente da chi la visita.

L’esperienza conta più della cartolina

Nel turismo moderno, la bellezza da sola non attira più. I viaggiatori cercano esperienze autentiche, ma anche servizi efficienti, spazi pubblici curati e una programmazione culturale di rilievo. A Mazara, invece, spesso si scontano problemi di manutenzione urbana e un’offerta turistica frammentata. Mancano eventi di respiro nazionale o internazionale capaci di attrarre e trattenere flussi costanti di visitatori. L’estate 2025, ad esempio, è trascorsa senza appuntamenti culturali realmente incisivi.

Il passaparola che non premia

I primi veri diffusori dell’immagine di una città sono i turisti stessi. Sono loro che, una volta tornati a casa, raccontano ciò che hanno visto. E le recensioni, oggi, si diffondono più rapidamente di qualunque campagna promozionale. Se la città non offre un’accoglienza dignitosa, se musei sono chiusi e le strade sporche, il giudizio sarà inevitabilmente negativo. È questo tipo di passaparola che sta influenzando negativamente la reputazione turistica di Mazara.

Eventi e strategie assenti

Una località come Mazara dovrebbe ospitare almeno tre o quattro eventi annuali di livello nazionale o internazionale. Festival culturali, appuntamenti gastronomici, rassegne musicali: tutti strumenti indispensabili per alimentare turismo e indotto. Ma quali di questi eventi può vantare oggi la città?

Sindaco e promozione: quali risultati?

Il turismo si costruisce anche con relazioni, con incontri istituzionali, con la presenza nelle fiere di settore. Ma la domanda è: quanti operatori internazionali ha incontrato il nostro sindaco? Quali risultati concreti sono emersi dalla partecipazione a costose fiere come la BIT di Milano o il TTG di Rimini? La cittadinanza ha diritto di sapere quanto è stato investito e cosa ha realmente prodotto tale investimento.

Musei chiusi, cultura in stand-by

Altro tema dolente riguarda il patrimonio culturale. Negli ultimi anni non sono nati nuovi musei a Mazara. Al contrario, alcuni spazi culturali sono stati chiusi o lasciati al degrado. Perché? Cosa è mancato: la volontà politica, i fondi, la progettualità? Eppure proprio la cultura dovrebbe essere il motore primario del turismo locale, soprattutto in una città come Mazara, crocevia di civiltà e storie millenarie.

Serve un cambio di rotta

Mazara ha tutte le potenzialità per rinascere turisticamente, ma serve una visione più ampia. Pulizia, servizi funzionanti, eventi di rilievo, investimenti mirati, una promozione vera e non solo di facciata. Solo così i turisti torneranno a parlare bene della città. E a tornare.

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Fuoco e follia: l’uomo dietro l’inferno nel Trapanese

Il caldo torrido, il vento impetuoso, la vegetazione secca. Ma, sopra ogni cosa, la mano dell’uomo. È questo il vero detonatore dell’inferno che, ancora una volta, ha trasformato le colline del Trapanese in un deserto di cenere e paura.

È bastata una scintilla, un innesco deliberato o colposo, e il fuoco ha fatto il resto. Partito dalle curve di Biro, l’incendio ha raggiunto in una manciata di minuti le frazioni di Purgatorio a Custonaci, Castelluzzo e San Vito Lo Capo, spinto da raffiche che hanno trasformato le fiamme in un muro inarrestabile. Un’onda rossa che ha minacciato vite umane, animali, abitazioni, persino la Riserva dello Zingaro, patrimonio naturalistico ormai fin troppo spesso al centro di devastazioni estive.

Ma quanto c’è di doloso in tutto questo? Quanto è opera dei piromani, quanto di chi ha interessi economici legati al ripristino dei luoghi, e quanto, ancora, di chi brucia per "far crescere meglio l’erba"? Le statistiche parlano chiaro: oltre il 60% degli incendi ha origine dolosa. I responsabili? Figure indistinte e difficili da identificare: c'è chi appicca fuoco per vendetta, chi per interessi economici, chi per semplice vandalismo. Poi c’è chi si illude che bruciare serva a rinnovare i pascoli, una pratica arcaica e illegale che continua a fare danni incalcolabili.

A Castelluzzo, in preda al panico, molti residenti hanno abbandonato le loro case. I forestali hanno tratto in salvo un ultracentenario, confuso e solo, avvolto dal fumo che scendeva dalla montagna. Un giovane, nel tentativo disperato di mettere in salvo il bestiame, è stato tratto in salvo a sua volta. Una scena drammatica, che si ripete con inquietante regolarità.

Le risorse? Poche. Sul posto, vigili del fuoco e Protezione Civile con mezzi insufficienti, aiutati da un solo elicottero Falco e, solo nel tardo pomeriggio, da un Canadair, subito dirottato verso lo Zingaro, anch’esso aggredito dal fuoco. Intanto, anche Monte Cofano e Monte Sparagio bruciavano, insieme a Monte Palatimone, già colpito pochi giorni fa.

I sindaci di Custonaci, Fabrizio Fonte, e di San Vito Lo Capo, Francesco La Sala, hanno seguito con apprensione ogni fase dell’emergenza. Ma la domanda resta: cosa si sta facendo davvero per prevenire tutto questo?

La verità è che non basta più parlare di “emergenza”. L’incendio è diventato ormai una strategia, una scelta, una piaga alimentata dall’incuria e dall’assenza di controllo. Serve un sistema di prevenzione rigoroso, investimenti seri, sanzioni esemplari. E serve, soprattutto, spezzare quel legame opaco tra incendi e interessi economici: perché finché qualcuno trarrà vantaggio dal fuoco, le fiamme continueranno a vincere.

Nel frattempo, restano cenere e paura. E la certezza che, anche stavolta, la natura pagherà il prezzo più alto.

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Alla fine non ci rimane che...sorridere, con un pizzico di ironia

Non bastava lasciare chiusi e abbandonati gli edifici restaurati con sudore (altrui) e fondi pubblici (anch'essi altrui). Non bastava far marcire teatri, centri culturali e strutture sportive come reliquie archeologiche di un'antica civiltà amministrativa. Ora Mazara del Vallo punta ancora più in alto: vuole vincere il Campionato Regionale della Perdita di Finanziamenti e Contributi.

Un trofeo ambito, conteso da numerosi comuni siciliani, ma la nostra città ha una squadra agguerrita: assessori velocissimi nel perdere scadenze, dirigenti abilissimi nel confondere moduli con tovaglioli, e una dirigenza che, più che un'amministrazione, pare una sagra itinerante.

Del resto, a Mazara del Vallo lo sport preferito non è il calcio, né il ciclismo, ma lo "scarto del bando": una disciplina che richiede precisione chirurgica nell’ignorare avvisi pubblici, perfezione millimetrica nel mancare le opportunità, e una sensibilità rara nel trasformare ogni occasione di crescita in un’occasione... persa.

Ma non si dica che l’amministrazione non organizza nulla! Ogni week-end è una festa: del panino col wurstel, del frutto esotico non identificato, del cous cous che scappa e – udite udite – della banana, con tanto di sfilata, stand e selfie istituzionali davanti a piramidi di frutta. Nessuno sa perché la banana, ma ormai è diventato un simbolo: flessibile, scivoloso e immancabilmente... giallo.

"Abbiamo scelto di non partecipare ai bandi per scelta strategica", afferma un fantomatico portavoce municipale, "preferiamo puntare su un turismo lento... lentissimo. Così lento che i turisti vanno via prima ancora di arrivare".

E mentre altrove si costruiscono biblioteche, musei, parchi urbani e incubatori d’impresa con fondi europei, a Mazara si celebra l’arte dell’attesa: in attesa del finanziamento perduto, del tecnico che non arriva, e del dirigente in ferie fino a data da destinarsi.

L'obiettivo? La vetta della classifica. E Mazara, con orgoglio, ci crede: “Siamo tra i favoriti per perdere anche i prossimi 12 bandi regionali, 8 PNRR, e forse pure qualche fondo norvegese per la pesca artica – tanto qui il freddo non serve, basta il gelo della burocrazia”.

Intanto i cittadini osservano. Alcuni con rassegnazione, altri con ironia, e molti con un panino in mano – magari alla banana. Perché se non si costruisce il futuro, almeno si costruisce un gazebo.

E come dice il nuovo motto della città:

“Mazara del Vallo: dove i finanziamenti passano… e non salutano”.

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Macron sfida Israele e Stati Uniti: la Francia riconoscerà lo Stato palestinese all’Onu

 

Parigi tira dritto verso settembre: sarà il 148° Paese a sostenere la nascita di uno Stato palestinese. Trump attacca, Washington condanna. Ma Barrot risponde: “La pace passa da due Stati”.

 

Parigi non arretra. Nonostante le dure reazioni di Israele e degli Stati Uniti, la Francia di Emmanuel Macron ha confermato che riconoscerà ufficialmente lo Stato palestinese nel corso della prossima Assemblea Generale dell’Onu, prevista per settembre. Con questa mossa, l’Eliseo si appresta a diventare il 148esimo Stato al mondo a riconoscere la Palestina, in un gesto carico di valenza politica e simbolica.

 

A irritare maggiormente Washington è stata la tempistica della decisione, che arriva a pochi mesi dalle elezioni presidenziali americane e in un clima già tesissimo in Medio Oriente. Il più tagliente tra i critici è stato, prevedibilmente, Donald Trump. Interpellato dai giornalisti prima di imbarcarsi per la Scozia, l’ex presidente ha liquidato la posizione francese con una frase secca: “Quello che dice Macron non importa, non ha alcun peso”. Non nuovo ad attacchi personali contro il leader francese, Trump ha aggiunto con tono sarcastico: “È un bravo ragazzo, ma Emmanuel sbaglia sempre”, riecheggiando le accuse lanciate già al termine del G7 in Canada nel 2024.

 

A chiarire la linea ufficiale della Casa Bianca è stato il segretario di Stato Marco Rubio, che su X ha scritto: “Questa decisione sconsiderata non fa che alimentare la propaganda di Hamas e ostacola la pace. È uno schiaffo in faccia alle vittime del 7 ottobre”. Un riferimento diretto all’attacco subito da Israele in quella data, che ha segnato una nuova fase nel conflitto israelo-palestinese.

 

Ma la Francia non indietreggia. Il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot ha replicato con fermezza alle accuse statunitensi: “La soluzione a due Stati resta l’unica via credibile per una pace duratura. Riconoscere la Palestina oggi significa dare forza alla diplomazia, non ai gruppi armati”. Barrot ha inoltre annunciato che Parigi, insieme all’Arabia Saudita, presiederà la prossima settimana una riunione a New York dedicata proprio alla promozione della soluzione a due Stati. L’incontro, previsto inizialmente a giugno, era stato rinviato a causa delle tensioni seguite all’attacco israeliano all’Iran.

 

All’iniziativa francese hanno già espresso sostegno Russia, Cina e diversi Paesi del mondo arabo, tra cui l’Arabia Saudita. Silenzio invece da parte delle cancellerie europee, dove prevale per ora la cautela.

 

Il riconoscimento dello Stato palestinese da parte della Francia segna una frattura profonda con la linea di Israele e dei suoi principali alleati occidentali. Ma Macron sembra determinato a portare avanti la sua visione: fare della Francia un attore centrale nei nuovi equilibri geopolitici del Mediterraneo e del Medio Oriente, anche a costo di sfidare apertamente Washington e Tel Aviv.

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MAZARA DEL VALLO, CHE CAMPIONI AL GOVERNO DELLA CITTA' !!!!

Persi 2 milioni e 250 mila euro dei fondi PNRR

NICOLA CRISTALDI SU ARTICOLO DI ADRIANA CAVASINO

Ecco come si perdono occasioni ed opportunità. Mazara del vallo fuori dai contributi per immigrazione

MAZARA DEL VALLO. HAJTO HA REGALATO LE SUE OPERE ALLA CITTA'

Una piccola risposta a tanti mascalzoni...

PALERMO, MICROCRIMINALITÀ

...è emergenza

NICOLA CRISTALDI, MAZARA DEL VALLO, CONTINUA LA FIERA DEI PANINI

Una vergogna per l'umanita’...

Medio Oriente, nuove stragi a Gaza: bombe sui civili in attesa di aiuti. Il cardinale Parolin: “Dubbi sul raid contro la chiesa”

Almeno 41 palestinesi sono stati uccisi da questa mattina nei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. Secondo quanto riferisce il ministero della Sanità locale, controllato da Hamas, 32 delle vittime si trovavano nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari nel sud della Striscia, dove stavano aspettando di ricevere beni di prima necessità.

Oltre ai morti, si contano almeno un centinaio di feriti. Al Jazeera riferisce che il bilancio complessivo delle vittime nella giornata odierna potrebbe salire ad almeno 50.

In un clima sempre più teso, il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha espresso forti perplessità sul recente attacco israeliano che ha colpito una chiesa a Gaza, parlando apertamente di “dubbi gravi” sulla legittimità dell’azione.

Gli attacchi odierni si inseriscono in un contesto di conflitto sempre più drammatico, dove il confine tra obiettivi militari e popolazione civile appare ogni giorno più sottile.

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NICOLA CRISTALDI:
L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE DIVERTENTE.

Mazara del Vallo, Il sindaco dà ordini che nessuno esegue...

Open Arms, la Procura di Palermo ricorre in Cassazione contro l’assoluzione di Salvini.

Meloni: "Accanimento surreale"

La Procura di Palermo ha deciso di impugnare direttamente in Cassazione, saltando la fase d'appello, la sentenza che ha assolto Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per il caso Open Arms. Il procedimento si riferisce all’episodio del 2019, quando l’allora ministro dell’Interno bloccò lo sbarco di migranti soccorsi dalla nave dell’ong spagnola, impedendole l’ingresso a Lampedusa.

Si tratta di un "ricorso per saltum", uno strumento che consente di chiedere direttamente alla Corte Suprema un giudizio sulla legittimità della sentenza di primo grado, evitando l’appello.

Il 20 dicembre 2023, dopo un processo durato anni, Salvini era stato assolto con la motivazione che "il fatto non sussiste". Secondo la Procura, però, quella decisione non mette in discussione la ricostruzione dei fatti, ma si basa su un’errata interpretazione delle leggi e delle convenzioni internazionali. In particolare, si contesta l’affermazione che l’Italia non fosse obbligata a fornire un porto sicuro alla nave della ong. Per i magistrati, dunque, non avrebbe senso tornare in Corte d’appello: è la Cassazione che deve intervenire per chiarire i punti giuridici contestati.

Salvini ha commentato la notizia dicendo: “Ho partecipato a oltre trenta udienze e sono stato assolto perché non c’è stato alcun reato. Difendere i confini non è un crimine. Chi insiste nel riaprire il caso non si rassegna, ma io vado avanti serenamente”.

Anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso la sua indignazione sui social, definendo “surreale” il persistente accanimento giudiziario contro un ex ministro che, a suo dire, stava semplicemente facendo rispettare la legge. “Dopo tre anni di processo e un’assoluzione piena – ha scritto – ci si ostina a insistere. Intanto migliaia di cittadini aspettano giustizia”.

Anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato la vicenda dicendosi “dispiaciuto”, e ricordando che anche lui, in quanto titolare dello stesso incarico, è potenzialmente esposto a procedimenti simili.

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..ma si può fare un'estate di panini spacciati come eventi culturali legati al turismo?

Manfredi Borsellino commosso davanti al murale del padre: “Da qui si riparte”

Manfredi Borsellino, figlio del giudice Paolo Borsellino assassinato dalla mafia nella strage di via D’Amelio 33 anni fa, ha reso omaggio al murale dedicato al padre, realizzato dall’artista Andrea Buglisi a pochi metri dal luogo dell’attentato. Nell’opera è raffigurato anche Giovanni Falcone, collega e amico del magistrato.

«Non voglio dire, come fece Nino Caponnetto il giorno dell’attentato, che tutto è finito. Al contrario, credo che da qui possa ricominciare qualcosa – ha dichiarato visibilmente emozionato Manfredi Borsellino – Ho trovato molto bello il fatto che papà sia stato rappresentato con il segno della vittoria, perché lui era un ottimista incallito».

Manfredi ha spiegato che l’immagine usata come riferimento per il murale proviene da un album di famiglia. Durante il suo discorso, la commozione ha preso il sopravvento e non è riuscito a trattenere le lacrime.

«Mio padre voleva vincere questa battaglia contro la mafia, ma non glielo hanno permesso – ha aggiunto – È stato abbandonato da molte persone a lui vicine, anche all’interno del suo stesso ambiente di lavoro. Siamo ancora alla ricerca dell’amico che lo ha tradito. È stato lasciato solo non solo dalle istituzioni, ma anche dal mondo della magistratura e da chi avrebbe dovuto proteggerlo come si fa con un figlio amato».

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ISRAELE-SIRIA: ESERCITO ISRAELIANO COLPISCE L'AREA DEL PALAZZO PRESIDENZIALE SIRIANO. USA: 'MOLTO PREOCCUPATI' DIRETTA

Media siriani, attacco israeliano a Sweida. Ue: 'Allarmati per le sorti della città, si attui l'accordo di tregua'

Pd e M5S: “Schifani venga in Aula o faremo le barricate” – Protesta davanti a Palazzo d’Orléans

“Schifani venga in Aula a riferire sulle inchieste che riguardano il presidente dell'Ars Gaetano Galvagno e l’assessore regionale al Turismo Elvira Amata, o faremo le barricate”. È questo l’ultimatum lanciato da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle durante il sit-in organizzato questa mattina davanti a Palazzo d’Orléans, sede della Presidenza della Regione Siciliana. Una protesta dai toni accesi, che ha visto la partecipazione di una cinquantina tra deputati regionali e consiglieri comunali, bandiere di partito alla mano, per chiedere chiarezza e trasparenza sulla gestione dei fondi pubblici destinati a turismo e cultura.

Il caso See Sicily e la promozione turistica della Regione a Cannes sono solo alcuni dei nodi contestati dalle opposizioni. “Parliamo di fatti su cui da mesi chiediamo risposte — ha sottolineato Michele Catanzaro, capogruppo del Pd all’Ars —. Già nel gennaio 2023 abbiamo presentato un’interrogazione sul caso Cannes. Il Presidente Schifani non può continuare a sottrarsi alle sue responsabilità”.

La linea politica, almeno per il momento, non è quella delle dimissioni immediate. “Non chiediamo le dimissioni di Galvagno e Amata, perché siamo garantisti — ha precisato Chinnici — ma attendiamo un segnale di umiltà da parte di chi ci governa. Leggere certe cose sui giornali è imbarazzante”.

Il clima all’interno dell’Assemblea Regionale si fa sempre più teso. Le opposizioni alzano il tiro e mettono in discussione la tenuta politica dell’esecutivo regionale. L’attenzione ora si sposta sull’Ars, dove le prossime mosse del presidente Schifani potrebbero rivelarsi decisive per disinnescare una crisi politica ormai in piena evoluzione.

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La Corte d’Appello di Palermo ha ridotto da 6 anni e 8 mesi a 6 anni la condanna di Andrea Bonafede, cugino del geometra che prestò la propria identità a Matteo Messina Denaro, e considerato uno dei principali complici del boss mafioso.

La Procura generale, in linea con quanto già sostenuto in primo grado dal PM Gianluca De Leo, aveva richiesto una riqualificazione dell’accusa in associazione mafiosa, sottolineando il ruolo cruciale svolto da Bonafede nel sostegno al latitante.

Le indagini hanno infatti rivelato che Bonafede non si è limitato a fornire supporto logistico: ha accompagnato Messina Denaro a Palermo nel 2012 e nel 2014, sia per spese personali sia per farsi un tatuaggio, lo ha aiutato ad acquistare un’auto con documenti falsi nel 2020, e gli ha consegnato un telefono cellulare durante il ricovero all’ospedale di Mazara del Vallo. Inoltre, Bonafede si è occupato della gestione di certificati medici falsi e prescrizioni, diventando una figura fondamentale nella rete di protezione del boss, specialmente per quanto riguarda le sue cure sanitarie.

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MAZARA DEL VALLO, IL TEATRO SCOMPARSO PER MAGIA

A NEW YORK, ITALO-AMERICANI
ALLA RISCOSSA!

Qualche settimana fa avevamo esposto la situazione delle candidature a Sindaco di New York dove nel Partito Democratico, prevalente in quella città, è risultato vincente alle "primarie" tale Zohran Mamdani, musulmano sciita di origine indiane, sconfiggendo l'italoamericano Andrew Cuomo, e avevamo indicato in questo risultato il declino dell'influenza degli italo-americani. Ora si apprende che lo stesso Cuomo, politico esperto che ha avuto molti importanti incarichi nello Stato e nella città, ha deciso di candidarsi ugualmente: però da indipendente, visto che il suo Partito Democratico ha scelto Mamdani.

Si profila quindi una battaglia interessante, perché probabilmente Cuomo otterrà tutti i voti dei democratici che non gradiscono Mamdani, a cominciare dalla forte componente ebraica, e quelli degli italo-americani. Non è poi escluso che molti elettori del Partito Repubblicano, consci della sicura sconfitta del loro candidato di bandiera, possano votare Cuomo - che peraltro è un "moderato" all'interno del Partito Democratico - per impedire la vittoria di Mamdami.

E questa battaglia avrà come protagonista una persona di origine italiana!

Nazzareno Mollicone

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Giuseppe Rugolo, il sacerdote recentemente condannato in appello a tre anni di reclusione per abusi sessuali su minori, è stato ufficialmente ridotto allo stato laicale.

 

La commissione che ha valutato il suo caso non includeva alcun membro proveniente dalla Sicilia, scelta presa per evitare eventuali conflitti d’interesse con la diocesi locale. Infatti, il vescovo Rosario Gisana e il vicario giudiziale Vincenzo Murgano — attuale parroco del duomo di Enna — sono indagati per falsa testimonianza nel contesto del processo a carico di Rugolo.

 

Secondo quanto emerso, la commissione ha riconosciuto la responsabilità del sacerdote in merito ad altri episodi di abusi che coinvolgono due ulteriori vittime, entrambe minorenni all’epoca dei fatti. Ora si attende la conferma ufficiale della sentenza da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede, come previsto dalle norme del diritto canonico.

 

"L'esclusione della diocesi di Piazza Armerina dal procedimento extragiudiziale – afferma l’avvocato rotale Alessandro Camedda, legale di Antonio Messina, una delle vittime – appare intenzionale, considerata la posizione della diocesi stessa e del suo vescovo. Se il Dicastero avesse voluto coinvolgerla, avrebbe potuto nominare i membri del tribunale ecclesiastico locale."

 

Il procedimento si è invece svolto lontano dalla Sicilia, con una commissione interamente composta da membri non siciliani e tenuto in una struttura alberghiera.

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Trump valuta nuovi fondi per l’Ucraina: prima apertura da inizio mandato

 

Per la prima volta dal suo insediamento a gennaio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump starebbe considerando la possibilità di autorizzare nuovi finanziamenti per l’Ucraina. Lo rivela un’inchiesta di CBS News, che cita diverse fonti diplomatiche a conoscenza delle discussioni interne alla Casa Bianca.

 

All’inizio di questa settimana, Trump ha lasciato intendere pubblicamente la volontà di inviare a Kiev ulteriori armi difensive. Una svolta significativa, soprattutto alla luce della recente sospensione di alcune spedizioni militari, decisa solo pochi giorni fa. La mossa era stata spiegata da un funzionario dell’amministrazione come parte di una più ampia revisione globale delle politiche statunitensi in materia di trasferimenti di armamenti.

 

Non è ancora chiaro da quali fonti potrebbero arrivare i nuovi fondi, ma, secondo quanto riportato da CBS News, il presidente avrebbe accesso a circa 3,85 miliardi di dollari residui, rimasti dall’autorità di prelievo presidenziale concessa durante l’amministrazione Biden. Tali fondi potrebbero essere destinati all’invio di equipaggiamenti militari americani in Ucraina.

 

Oltre a questa opzione, esisterebbe anche la possibilità di sequestrare circa cinque miliardi di dollari in beni russi congelati all’estero, una manovra prevista dalla legge, ma finora mai attuata né da Trump né dal suo predecessore Joe Biden. Ex funzionari statunitensi confermano che tale autorità resta in vigore e potrebbe essere impiegata per sostenere lo sforzo bellico ucraino contro l’invasione russa.

 

La nuova apertura del presidente potrebbe segnare un cambio di rotta rispetto all’approccio attendista mantenuto nei primi mesi del suo mandato. Se confermata, rappresenterebbe un gesto di sostegno verso Kiev, potenzialmente anche un primo segnale di disponibilità verso una futura soluzione diplomatica del conflitto.

 

Nel frattempo, fonti interne all’amministrazione precisano che nessuna decisione definitiva è stata ancora presa e che il dibattito resta acceso all’interno dell’esecutivo. La comunità internazionale, intanto, osserva con attenzione ogni mossa di Washington, in attesa di capire se si tratterà di una svolta concreta o solo di un nuovo episodio nella lunga e complessa partita geopolitica tra Stati Uniti, Ucraina e Russia.

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C’è un sottile confine, nella lingua italiana, tra cultura e colesterolo.

 Spesso, a Mazara del Vallo, basta una vocale sbagliata per passare dalla contemplazione di un'opera di Consagra alla digestione di un kebab. È la storia (vera? verosimile? chissà…) di un turista nordico — chiamiamolo Sven — che, armato di Lonely Planet, Google Translate e una voglia smodata di “immergersi nella cultura locale”, è finito in un posto decisamente più unto di quanto immaginasse.

“Scusi,” ha chiesto Sven a un passante mazarese mentre il sole cuoceva le mattonelle di Piazza della Repubblica, “dov’è la pinacoteca?”

“Pinacoteca?” ha risposto il passante, perplesso ma collaborativo. “Ah… certo! Sta sul lungomare, dopo il benzinaio. Fanno anche panini con la milza!”

Così, armato di fiducia e con l’acquolina in bocca (o era sete culturale?), Sven si è diretto entusiasta verso quella che pensava fosse la culla dell’arte contemporanea nel Mediterraneo. Solo che invece dei quadri, ha trovato panini imbottiti con ogni ben di Dio, murales a forma di menù, e un ragazzo con cappellino da baseball che gli ha detto: “Fratè, vuoi aggiungere la cipolla o ti rovina il quadro della digestione?”

Sven, confuso ma determinato, ha ordinato “una natura morta con porchetta e un’acqua frizzante”, credendo fosse un modo locale di indicare un’opera barocca accompagnata da bollicine. La cassiera, che si chiama Pina (coincidenze?), ha sorriso e ha detto: “Bravo ‘sto svedese, ha capito tutto della nostra arte.”

E in un certo senso, aveva ragione. Perché se è vero che una pinacoteca custodisce bellezza in cornice, la paninoteca la serve in carta stagnola. Entrambe hanno file di visitatori, silenzi rispettosi (almeno finché non ti arriva il conto), e un senso profondo di contemplazione — uno davanti a un quadro di Salvino Catania, l’altro davanti a un panino con la salsiccia.

Nel frattempo, il Comune di Mazara sta valutando di aprire, dove c'è la galleria Santo Vassallo, una “Paninoteca d’Arte Contemporanea”, dove ogni panino è ispirato a un movimento artistico: il Cubismo prevede tre panini sovrapposti in diagonale, l’Impressionismo ha ingredienti sfocati, mentre il Dadaismo consiste in due fette di pane senza nulla in mezzo e ti guardano male se chiedi il ketchup.

In fondo, la confusione tra pinacoteca e paninoteca non è solo linguistica, ma esistenziale: entrambe parlano all’anima, solo che una lo fa con l’olio su tela, l’altra con l’olio d’oliva.

E se passate da Mazara del Vallo, ricordate: ogni tanto, per capire davvero l’arte, bisogna prima capire la fame che può essere calmata anche tra una baracca e l'altra.

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Aggressione a Palermo, paura per una famiglia di turisti australiani: "Benvenuti" con un tentato assalto all’auto

 Doveva essere una serata tranquilla, il primo approccio con le bellezze del capoluogo siciliano per una famiglia australiana in vacanza. Invece, si è trasformata in un episodio di paura e shock.

Erano appena arrivati a Palermo, giovedì 10 luglio, intorno alle 20.30, e avevano posteggiato la loro automobile in piazza Nicolò degli Scalzi, a due passi da via Maqueda e dal popolare mercato di Ballarò. Ma quello che avrebbe dovuto essere un normale momento di sistemazione si è trasformato in un incubo.

Un uomo – al momento non identificato – si è improvvisamente scagliato contro il loro veicolo, tentando con forza di aprire gli sportelli mentre urlava frasi incomprensibili. A bordo c’erano due adulti e i loro due figli piccoli, terrorizzati dalla scena.

L’uomo, secondo quanto riferito dai testimoni, è poi fuggito prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Sul posto non risultano denunce formali, ma l’episodio è stato riportato agli operatori della casa vacanza che avevano affittato. La famiglia ha deciso di disdire immediatamente la prenotazione, chiedendo il rimborso e trasferendosi in una struttura nei pressi dell’aeroporto Falcone e Borsellino, preferendo allontanarsi dal centro storico.

La notizia ha riacceso il dibattito sulla sicurezza nella zona, spesso frequentata da turisti ma non immune da episodi di degrado. “Una città così bella non può offrire questo tipo di accoglienza”, ha commentato con amarezza un commerciante della zona.

L’episodio rischia di lasciare un’ombra sull’immagine di una Palermo che negli ultimi anni ha puntato molto sul turismo, ma che continua a scontare problemi di sicurezza e gestione del territorio.

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Quanta e' bella la buona educazione....

Mi permetto, in qualità di direttore responsabile della testata giornalistica "Mazara TV Social' di entrare a gamba tesa in questa querelle, fatta di battute fuorvianti e fuori luogo. Cerchiamo di restare sui fatti senza divagare e mistificare la realtà. Chiedersi se il terremoto giudiziario avvenuto a Palermo alla Regione Siciliana possa incidere sui finanziamenti è un diritto di chi fa informazione. Ammesso che la domanda poteva, anche, essere superata conoscendo il tipo di finanziamento, restano in piedi e sono questi i veri quesiti tutte le accuse, invettive, e minacce fatte dal Sindaco. Salvatore Quinci senza mezzi termini insulta in più battute la testata giornalistica retrocedendola ad un blog casereccio. Fa uso di appellativi diffamatori come il termine 'pseudo giornalisti', in modo e forma arrogante, minaccia e lede la dignità dei professionisti. Usa espressioni colorite come 'Burattini' riferendosi chiaramente a chi dirige la testata. 'Mazara TV Social' con dignità e rispetto si impegna ogni giorno a fare informazione veritiera. Il suo è un vero e proprio attacco al "quarto potere". Il primo cittadino, ha persino espresso, la volontà di sottintendere la presenza di un burattinaio. Questo modo di addidare, screditare la libera stampa è tipico di una cultura dittatoriale. Salvatore Quinci poteva e doveva rispondere replicando con le sue verità. Attenendosi rigorosamente ai fatti senza scadere nella diffamazione. Non solo per non commettere un reato penale, ma soprattutto per dare di sé l'immagine di un uomo rigoroso e cordiale come un primo cittadino dovrebbe sempre essere ed apparire.

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Caltanissetta, rideterminata la condanna per l’ex giudice Silvana Saguto

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha rivisto la condanna nei confronti di Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, accusata di aver costruito un sistema clientelare per l’affidamento degli incarichi nelle amministrazioni giudiziarie dei beni sequestrati alla mafia.

Presieduta dal giudice Roberto Serio, la Corte ha condannato Saguto a 7 anni e 11 mesi di reclusione. La pena è stata ridotta rispetto agli 8 anni e 10 mesi inflitti nel primo processo d’appello, a seguito dell'annullamento della sentenza da parte della Corte di Cassazione. Quest’ultima aveva disposto un nuovo processo per via della prescrizione di alcuni reati e per la necessità di una nuova quantificazione delle pene.

Anche la condanna per il marito di Saguto, è stata ridotta: da 7 anni e 2 mesi a 6 anni, 1 mese e 2 giorni. L’ex amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara è stato condannato a 6 anni e 10 mesi; Carmelo Provenzano a 6 anni e 6 mesi; mentre Roberto Santangelo dovrà scontare 4 anni di reclusione.

Secondo l’accusa, Saguto avrebbe gestito in modo personalistico e illegittimo i beni sottratti alla criminalità organizzata, scegliendo gli amministratori in base a relazioni personali e familiari, traendone vantaggi indebiti. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni.

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Comunque vada a finire, è uno schifo

"Io non è che mi devo sparare per tenere suo nipote, è già tanto che un ragazzino di niente ti guadagna 1.500 euro al mese... quindi a me no, non lo può dire, perché la scanno viva." Con queste parole, registrate dagli inquirenti, Marcella Cannariato – imprenditrice palermitana e moglie di Tommaso Dragotto, presidente della compagnia di autonoleggio Sicily by Car – si sfoga con furia. Oggetto della discussione: Tommaso Paolucci, nipote diciottenne dell’assessore regionale al Turismo Elvira Amata (Fratelli d’Italia), assunto e stipendiato con un generoso contratto.

Parole che per la Procura di Palermo non sarebbero semplici lamentele, ma la spia di un presunto patto corruttivo fra imprenditoria e politica. Un’indagine delicata e potenzialmente esplosiva che coinvolge la stessa Amata e la signora Dragotto, accusate – a vario titolo – di aver scambiato favori personali con vantaggi istituzionali e contributi pubblici.

Secondo i pm Andrea Fusco e Felice De Benedittis, l’imprenditrice avrebbe offerto non solo lavoro e alloggio al giovane Paolucci, ma anche altri “regali” all’assessore: l’uso di un’auto di rappresentanza, buoni benzina e ospitalità. In cambio, si ipotizza, l’ottenimento di appoggi per contributi regionali e accesso privilegiato ai canali istituzionali.

La vicenda getta ombre pesanti sul partito guidato da Giorgia Meloni, che in Sicilia – come in molte regioni – ha fatto il pieno di consensi. Ma proprio questo successo rischia ora di diventare un boomerang. La politica del “voto facile” e dei pacchetti elettorali “sostanziosi” rischia, secondo molti osservatori, di aprire crepe profonde in un partito che ha costruito la sua immagine sulla legalità e il rigore.

Non mancano le voci interne, seppur sottotraccia, che invocano un maggiore controllo e una selezione più attenta della classe dirigente. Il pericolo di un’implosione, in caso di escalation giudiziaria, è reale.

Gli avvocati delle due donne coinvolte respingono ogni accusa, parlando di “relazioni personali travisate” e di “ricostruzioni fantasiose”. Tuttavia, le intercettazioni e le prove acquisite dai magistrati sembrano delineare un quadro ben più articolato.

L’inchiesta di Palermo – che arriva dopo altri casi simili in diverse regioni italiane – sembra confermare quanto sia ancora fragile il confine tra potere politico e interessi privati. Quando l’accesso ai fondi pubblici passa per i salotti dell’imprenditoria e le segreterie politiche, il rischio è che a perdere siano sempre gli stessi: i cittadini e le imprese che rispettano le regole.

In attesa dell’evolversi delle indagini, una cosa è certa: la politica siciliana, e con essa Fratelli d’Italia, non può permettersi di far finta di niente. L’opinione pubblica guarda, giudica, e – soprattutto – ricorda.

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Tensione diplomatica tra la Libia orientale e l’Italia: respinta delegazione europea a Bengasi

La Libia orientale, sotto il controllo del generale Khalifa Haftar, è al centro di un acceso scontro diplomatico con l’Italia e l’Unione Europea. Il governo di Bengasi ha infatti respinto una delegazione di ministri europei all’arrivo all’aeroporto internazionale Benina, tra cui il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi.

L’episodio è stato formalizzato con una nota in cui si parla di una "palese violazione delle norme diplomatiche", dichiarando i membri della delegazione "personae non gratae" e notificando loro l’obbligo di lasciare il territorio libico. Fonti qualificate hanno attribuito l’accaduto a una "incomprensione protocollare non gestita dalla rappresentanza italiana", ma le opposizioni italiane hanno colto l’occasione per attaccare duramente il governo, parlando di una "figuraccia globale" e richiamando alla memoria il caso Almasri. Nel mirino anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha dichiarato che parlerà con Piantedosi "appena possibile" per chiarire l'accaduto.

La missione, organizzata nell’ambito dell’iniziativa Team Europe, comprendeva, oltre a Piantedosi, i ministri dell’Interno di Grecia e Malta, e il commissario europeo per la Migrazione, Magnus Brunner. L'obiettivo era rafforzare la collaborazione con entrambe le autorità libiche — quella occidentale di Tripoli, guidata da Abdelhamid Dbeibah e riconosciuta a livello internazionale, e quella orientale sostenuta da Haftar — sui temi della sicurezza, dei rimpatri e della lotta all’immigrazione irregolare.

Durante la prima tappa a Tripoli, la delegazione aveva ottenuto — secondo fonti UE — un primo via libera alla ripresa delle operazioni congiunte e all’impiego di strumenti europei come Frontex. Tuttavia, l’arrivo a Bengasi si è trasformato in un incidente diplomatico: il premier del governo orientale, Osama Saad Hammad, ha ordinato il respingimento, denunciando una “flagrante violazione delle norme diplomatiche” e un “disprezzo per la sovranità nazionale libica”.

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Una vacanza che doveva essere un’esperienza indimenticabile si è trasformata in un incubo

per una coppia di turisti canadesi aggrediti nella notte tra sabato e domenica nel cuore della Vucciria, uno dei luoghi simbolo della movida palermitana. Marito e moglie, poco più che cinquantenni, stavano rientrando nella casa vacanza affittata nei pressi di piazza San Domenico quando due giovani li hanno colti di sorpresa alle spalle, agendo con inaudita violenza.

La donna è stata brutalmente scippata ed è caduta a terra nella colluttazione. Il marito, nel tentativo di reagire, è stato colpito alla nuca con una bottiglia di vetro: un gesto che gli ha provocato un trauma cranico. I malviventi si sono poi dileguati con contanti, carte di credito e altri effetti personali della coppia.

Feriti e sotto shock, i due turisti si sono trascinati fino a piazzetta Caracciolo, dove l’uomo ha cercato di tamponare la copiosa emorragia alla testa. Sono stati alcuni passanti a lanciare l’allarme: sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 che hanno trasportato la coppia al Policlinico di Palermo. Dopo gli accertamenti, all’uomo è stato diagnosticato un trauma cranico, mentre la donna ha riportato lividi e un forte dolore alla caviglia dovuto alla caduta.

Nonostante le ferite e la paura, i due hanno deciso di lasciare immediatamente la città e fare ritorno in Canada: lui con una vistosa fasciatura alla testa, lei provata fisicamente ed emotivamente.

L’episodio ha sollevato un’ondata di indignazione e sgomento. “Basta un episodio del genere per distruggere tutti gli sforzi fatti per promuovere Palermo come destinazione turistica sicura e accogliente”, commenta un operatore del settore. “Non possiamo permettere che la criminalità vanifichi il lavoro di centinaia di persone che ogni giorno si impegnano per mostrare il volto migliore della città”.

Le forze dell’ordine stanno visionando le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona per risalire agli autori dell’aggressione. Intanto, cresce il timore che episodi simili possano compromettere la reputazione turistica della città, proprio in un momento in cui Palermo stava vivendo una nuova primavera di afflussi internazionali.

“Non basta promuovere i monumenti o le eccellenze enogastronomiche – dicono alcuni residenti – se poi si rischia di finire all’ospedale solo per aver fatto una passeggiata serale nel centro storico”.

Serve ora una risposta concreta e immediata da parte delle istituzioni, per restituire sicurezza a cittadini e visitatori. Palermo non può più permettersi di perdere terreno in nome dell’illegalità.

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Si dimette Giuseppe Martino, stretto collaboratore dell’assessore Amata: è coinvolto nell’inchiesta per corruzione

 

Giuseppe Martino, segretario particolare dell’assessore regionale al Turismo Elvira Amata, ha rassegnato le dimissioni nel primo pomeriggio di oggi. Martino, messinese come l’assessore, è coinvolto nell’inchiesta per corruzione che ha scosso la Regione Siciliana e l’Assemblea Regionale, con particolare impatto su Fratelli d’Italia.

 

Secondo quanto emerso finora dalle indagini, la sua posizione risulterebbe tra le più delicate, a causa di presunti favori ricevuti in cambio di finanziamenti pubblici.

 

L’assessore Amata ha immediatamente firmato il decreto di risoluzione del contratto dopo aver ricevuto le dimissioni. Martino era considerato il suo più stretto collaboratore.

 

Proprio questa mattina, Elvira Amata ha ricevuto la notifica della chiusura dell’indagine a suo carico. Pur rimanendo coinvolta nell’inchiesta, l’assessore ha comunicato subito la notizia al presidente della Regione Renato Schifani, con il quale si incontrerà domani per un confronto. Per il momento, Amata non intende lasciare il suo incarico

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Quando si perde il senso della misura,

quando si scambia un incarico pubblico per un trono e il servizio alla collettività per un esercizio di potere personale, si è già tradito il mandato ricevuto. Chi governa senza accettare il dissenso, chi si barrica dietro l’arroganza per evitare il confronto, non è guida, è ostacolo.

La libertà di stampa, la libertà di opinione, la libertà di raccontare i fatti (anche quando fanno male, anche quando smascherano le debolezze) sono i cardini di una società che vuole definirsi civile. Chi deride queste libertà, chi tenta di screditare chi le esercita, chi insulta invece di rispondere nel merito, non fa altro che rivelare la propria fragilità e la propria incapacità di reggere il peso delle responsabilità.

Il valore di chi governa si misura nella capacità di reggere la critica, non nell’abilità di circondarsi di silenzi. Perché il dissenso è scomodo solo per chi ha paura della verità.

La democrazia non è un bene da amministrare a piacimento. Non si comanda. Si ascolta, si subisce, si rispetta. Sempre! Soprattutto quando si rappresenta una comunità. Soprattutto quando si parla di realtà che non si conosce o che si preferisce ignorare.

Chi insulta invece di argomentare, chi disprezza invece di dialogare, non sta solo mancando di rispetto. Sta mostrando la più grave delle carenze, la totale assenza di nobiltà d’animo!

Giulio Vultaggio 

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Sicilia, FdI sull’indagine Galvagno-Amata: «Comportamenti non regolari, nessuno sconto»

 

 Fratelli d’Italia accende i riflettori sul caso giudiziario che scuote le istituzioni siciliane. «A livello nazionale stiamo studiando il caso che coinvolge Gaetano Galvagno ed Elvira Amata, girano carte in maniera non regolare: questo genera tristezza. Stiamo cercando di capire i fatti, non vogliamo sostituirci ai giudici che cercano i reati, noi valutiamo i comportamenti anche se non si configurano reati. Siamo rigorosi e non facciamo sconti». È quanto dichiara all’ANSA Luca Sbardella, commissario di Fratelli d’Italia in Sicilia, commentando l’inchiesta della Procura di Palermo.

 

L’indagine, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gaetano Galvagno e dell’assessore regionale al Turismo Elvira Amata, apre uno scenario delicato per il partito di Giorgia Meloni nell’Isola.

 

Sbardella sottolinea la linea di fermezza del partito: «Noi non facciamo sconti. FdI è un partito rigoroso. La nostra attenzione è alta anche quando non ci sono ancora profili penali accertati: il comportamento etico per noi è centrale».

 

Sul piano istituzionale, resta costante il dialogo con la Regione. «Sento il presidente della Regione siciliana Renato Schifani su mille aspetti, l’interlocuzione è continua. Abbiamo accennato anche alla vicenda dell’indagine della Procura di Palermo, ma sono aspetti delicati», aggiunge Sbardella.

 

Quanto a un possibile passo indietro di Galvagno in caso di rinvio a giudizio, il commissario frena: «Dimissioni? Lo decideremo, non ne abbiamo parlato. Ma ribadisco: FdI è un partito che mantiene la barra dritta».

 

L’inchiesta, ancora nelle sue fasi iniziali, potrebbe avere importanti riflessi politici nelle prossime settimane. Fratelli d’Italia, intanto, si prepara a valutare il caso non solo sul piano giudiziario, ma soprattutto su quello politico e morale.

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CHE SPETTACOLO! RITROVATI BROGLIACCI NASCOSTI DA TRENT’ANNI: OMBRE E SEGRETI NEL CUORE DELLA GIUSTIZIA

È UNO DI QUEGLI EPISODI CHE SEMBRANO USCITI DA UN ROMANZO DI SCIASCIA, MA PURTROPPO È TUTTO VERO: TRENT’ANNI DOPO, IN UNO SCANTINATO POLVEROSO DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA, SPUNTANO FUORI BROGLIACCI DIMENTICATI — O FORSE NASCOSTI. PAGINE FITTE DI NOMI, APPUNTI, CONTATTI, RIFERIMENTI A INDAGINI MAI ARRIVATE IN AULA, MAI DIVENTATE PROCESSO, FORSE NEPPURE VERBALIZZATE UFFICIALMENTE. UN ARCHIVIO PARALLELO, OCCULTO, CHE RIAPRE FERITE MAI CHIUSE NELLA STORIA GIUDIZIARIA DEL NOSTRO PAESE.

LA SCOPERTA HA GETTATO NEL CAOS AMBIENTI GIÀ SOTTO PRESSIONE, DOVE LA FIDUCIA NELL’IMPARZIALITÀ DELLA GIUSTIZIA È DA ANNI SOGGETTA A SCOSSONI. MA È QUELLO CHE EMERGE DA QUELLE CARTE — E DALLE REAZIONI SUCCESSIVE — A SOLLEVARE INTERROGATIVI PESANTI COME MACIGNI.

ACCUSE POSTUME, SILENZI TOMBALI
ALCUNI DEI MAGISTRATI TIRATI IN BALLO NON POSSONO PIÙ PARLARE. SONO MORTI, ALCUNI DA ANNI. EPPURE I LORO NOMI ORA VENGONO ASSOCIATI A IPOTESI GRAVI: INSABBIAMENTI DI INCHIESTE DELICATE, LEGAMI MAI CHIARITI CON AMBIENTI OPACHI, FREQUENTAZIONI CON LOGGE MASSONICHE COPERTE. SI PUNTA IL DITO SENZA CHE GLI ACCUSATI POSSANO REPLICARE. LE PAROLE “DEVIATI” E “COLLUSI” RIMBALZANO SUI GIORNALI COME PALLOTTOLE IN UNA STANZA CHIUSA.

MA CHI ACCUSA OGGI, E CON QUALI PROVE? E PERCHÉ SOLO ORA, DOPO TRENT’ANNI, QUELLE CARTE EMERGONO? C’È CHI PARLA DI VENDETTE TRASVERSALI, DI OPERAZIONI STUDIATE A TAVOLINO, MAGARI PER SCREDITARE INTERE CORRENTI DELLA MAGISTRATURA. ALTRI VEDONO IN QUESTA VICENDA L’EFFETTO COLLATERALE DI UNA STAGIONE IN CUI TUTTO VIENE MESSO IN DISCUSSIONE, ANCHE I PILASTRI DEL SISTEMA GIUDIZIARIO.

Caro Sindaco Salvatore Quinci.....

educazione e rispetto non sembrano essere qualità che le appartengono, e questo lo sappiamo da tempo. Ce ne ha dato conferma un anno fa, quando, da vincitore, dichiarò che avrebbe “spaccato il c**o” a tutti i suoi oppositori, e lo ribadisce oggi, definendo “vecchio politico annoiato, annebbiato dall’afa” un ex presidente dell’Ars e politico affermato, che prima di tutto resta una persona. E che per quanto ne possa dire, mi sembra che, alla sua età, si difenda ancora molto bene.

Le “quartare” di cui lei parla hanno dato lustro alla città, insieme alle ceramiche nella kasbah, e oggi rappresentano uno dei motivi per cui alcuni turisti conservano un bel ricordo di Mazara.

Ora, però, la questione è un’altra: questi turisti torneranno?

Hanno avuto modo di godere di servizi adeguati, spiagge pulite e ben attrezzate?

Hanno potuto visitare i numerosi luoghi di interesse culturale che, purtroppo, restano chiusi o abbandonati?

Hanno potuto assistere a eventi e manifestazioni capaci di attrarli e invogliarli a tornare?

Io credo di no. Al massimo, avranno potuto ammirare l’egocentrismo di un amministratore locale che si autocelebra per aver semplicemente svolto il proprio dovere, apponendo una targa nel bel mezzo del lungomare.

Giovanni La Paola

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Sabrina Pulvirenti è il nuovo commissario straordinario dell’Asp di Trapani

 

Trapani – 4 luglio 2025 – Cambio ai vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani: Sabrina Pulvirenti, 59 anni, romana con radici catanesi, è stata nominata commissario straordinario con decreto firmato ieri dalla Regione Siciliana. La dirigente ha raggiunto in fretta il capoluogo trapanese, insediandosi già oggi negli uffici della direzione generale.

 

La nomina arriva in un momento particolarmente delicato per l’Asp di Trapani, recentemente travolta dal caso dei ritardi nella refertazione di oltre 3.300 esami istologici. Un’inchiesta che ha portato alla notifica di 19 avvisi di garanzia e che ha acceso i riflettori su gravi disfunzioni nella gestione sanitaria locale.

 

Pulvirenti, in quota Fratelli d’Italia, inizierà ufficialmente il suo incarico lunedì. Laureata in Medicina all’Università La Sapienza di Roma e specializzata in Patologia Clinica, vanta una lunga esperienza nei vertici del sistema sanitario nazionale. È stata direttrice generale dell’Asl di Matera fino al novembre 2023 e successivamente commissario straordinario dell’Asl di Frosinone fino a marzo di quest’anno. Da aprile era rientrata al Policlinico Umberto I di Roma in qualità di dirigente medico.

 

La sua nomina viene interpretata come un tentativo della Regione di dare una svolta decisa alla gestione dell’Asp di Trapani, anche alla luce delle recenti criticità. Tra le priorità che attendono Pulvirenti: il ripristino della fiducia dei cittadini, la riorganizzazione del servizio di Anatomia Patologica e il miglioramento dei tempi di diagnosi, soprattutto in ambito oncologico.

 

Il suo arrivo segna l’inizio di una nuova fase per la sanità trapanese, chiamata ora a voltare pagina.

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Caos alla Vucciria: tra abusivi, furti e degrado, i commercianti chiedono l'intervento dell’esercito

 

Palermo – Cellulari rubati direttamente dai tavolini, furti con spaccata ai danni di negozi storici, minacce agli esercenti e motorini elettrici che sfrecciano contromano, importunando gruppi di turisti in visita. Alla Vucciria, cuore pulsante della movida palermitana, la situazione è ormai fuori controllo. Le strade, che fino a pochi anni fa vivevano un autentico rinascimento culturale ed economico, oggi sembrano sprofondate in un clima di illegalità diffusa, alimentato da abusivi dello spritz e fiumi di alcol venduti senza licenza.

 

La denuncia arriva forte e chiara da chi ogni giorno vive il centro storico: commercianti, ristoratori e piccoli imprenditori esasperati da una deriva che pare inarrestabile. “Il centro storico è una giungla, ben venga l’esercito”, si legge in coro tra i locali che si affacciano su via Maqueda, epicentro di un disagio sempre più tangibile. I regolamenti ci sarebbero – orari per la vendita di alcolici, limiti acustici, norme sul commercio ambulante – ma restano sulla carta, dimenticati tra le pieghe di un degrado che sta minando anche il turismo, in netto calo rispetto agli scorsi anni.

 

A confermare il clima di insicurezza è Vito Minacapelli, storico ottico di via Maqueda, che più volte ha subito furti nel suo negozio: “Era un esito inevitabile. Troppa tolleranza, troppe zone d’ombra. Siamo lasciati soli.” La sua voce si unisce a quella di molti altri esercenti che si sentono abbandonati dalle istituzioni, nonostante le promesse e gli annunci.

 

A preoccupare non è solo l’illegalità, ma anche la percezione di impunità che alimenta comportamenti sempre più aggressivi. Gli abusivi non solo vendono alcol senza permesso, ma arrivano a minacciare apertamente chi prova a protestare. Intanto, il flusso turistico, scoraggiato dal caos e dalla mancanza di decoro, si sta riducendo visibilmente. Diverse guide turistiche raccontano di tour interrotti o deviati per evitare le zone più critiche, dove l’atmosfera non è più accogliente, ma intimidatoria.

 

Le richieste dei commercianti sono chiare: più controlli, più presenza delle forze dell’ordine, e misure concrete per restituire legalità e decoro a un quartiere che, fino a poco tempo fa, era simbolo di rinascita urbana. Alcuni invocano addirittura il supporto dell’esercito, come già accaduto in passato in contesti di emergenza urbana.

 

Nel frattempo, la musica continua a pompare dalle casse dei locali improvvisati e i motorini a sfrecciare tra le bancarelle abusive, mentre Palermo rischia di perdere uno dei suoi angoli più affascinanti – e redditizi – sotto il peso di un’anarchia che pare non avere freni.

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OLTRE LA RETORICA: QUANDO LA SOLIDARIETÀ FEMMINILE DIVENTA
UN ALIBI


C’È UNA NARRAZIONE INSISTENTE, RIPETUTA CON OSSESSIONE NEI TALK SHOW, SUI SOCIAL E PERFINO NELLE AULE ISTITUZIONALI: “LE DONNE DEVONO SUPPORTARSI A VICENDA”, “UNA DONNA NON GIUDICA UN’ALTRA DONNA”. MA SIAMO PROPRIO SICURI CHE QUESTA SIA LA STRADA GIUSTA? LA SOLIDARIETÀ FEMMINILE, COSÌ COM’È OGGI PROPAGANDATA, RISCHIA DI DIVENTARE UNA RETORICA VUOTA, UN MANTRA PRIVO DI SENSO CHE FINISCE PER SVILIRE — INVECE CHE RAFFORZARE — LA POSIZIONE DELLE DONNE NELLA SOCIETÀ.
NON BASTA ESSERE DONNA PER AVERE AUTOMATICAMENTE DIRITTO A STIMA, APPOGGIO E LEGITTIMITÀ. NON BASTA IL GENERE A DEFINIRE LA COMPETENZA. LA SOLIDARIETÀ, QUELLA VERA, NON PUÒ PRESCINDERE DAI CONTENUTI, DALLA COERENZA, DALL’ETICA DEL LAVORO. QUESTO VALE PER TUTTI, MA PER LE DONNE ASSUME UNA PORTATA PARTICOLARE: PERCHÉ A LORO È STATO CHIESTO PER DECENNI DI DIMOSTRARE IL DOPPIO, DI ESSERE “BRAVE” PER SÉ E PER TUTTE LE ALTRE. E ORA, A VOLTE, SEMBRA BASTI SOLO “ESSERCI” PER PRETENDERE IL PLAUSO.
MA NON È COSÌ CHE SI COSTRUISCE UNA NUOVA CULTURA DEL POTERE.
PENSIAMO ALLE DONNE CHE ENTRANO NELLA SFERA PUBBLICA: PORTANO CON SÉ UN CARICO DI ASPETTATIVE ENORME, SPESSO INGIUSTO, MA REALE. DEVONO SAPERE CHE NON RAPPRESENTANO SOLO SE STESSE, MA ANCHE LA POSSIBILITÀ DI UNA LEADERSHIP DIVERSA, PIÙ EQUA, PIÙ AUTENTICA. È UN COMPITO DIFFICILE, MA NON DELEGABILE. E ALLORA DIVENTA FONDAMENTALE ESSERE GIUDICATE PER IL MERITO, NON PER IL GENERE. PER LA VISIONE, NON PER L’IDENTITÀ.
LA COMPLICITÀ AUTOMATICA TRA DONNE È UNA SEMPLIFICAZIONE DANNOSA. SE UNA DONNA SBAGLIA, VA DETTO. SE È INADATTA A UN RUOLO, VA RICONOSCIUTO. QUESTO NON È TRADIMENTO, È ONESTÀ. È RISPETTO. SOLO COSÌ SI PUÒ PRETENDERE UN'UGUAGLIANZA VERA: NEL GIUDIZIO, NELLA RESPONSABILITÀ, NELLA LIBERTÀ DI SBAGLIARE E DI ESSERE CRITICATA — ESATTAMENTE COME UN UOMO.
CONTINUARE A INVOCARE UNA “SOLIDARIETÀ DI GENERE” PRIVA DI DISCERNIMENTO È COME SOMMINISTRARE UN PLACEBO CULTURALE: CALMA LA COSCIENZA, MA NON CURA IL PROBLEMA. LE DONNE NON HANNO BISOGNO DI PROTEZIONE AUTOMATICA, MA DI RISPETTO CONCRETO, CHE SI CONQUISTA E SI MANTIENE NEL TEMPO. ANCHE — E SOPRATTUTTO — ATTRAVERSO IL CONFRONTO E IL DISSENSO.
SMETTIAMOLA, ALLORA, CON LA RETORICA. LA SOLIDARIETÀ FEMMINILE ESISTE E PUÒ ESSERE UNA FORZA POTENTE, MA SOLO QUANDO È LIBERA, CONSAPEVOLE, MERITATA. TUTTO IL RESTO È FUMO NEGLI OCCHI.
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Manovra ter, niente mance 

 

e tagli anche al Turismo

 


La giunta regionale elimina i contributi richiesti da Galvagno. Stretta pure sui fondi ai collegi elettorali dei deputati.

 

Palermo – Niente “mance” nella nuova manovra ter: la giunta regionale ha deciso di stringere la cinghia, eliminando dalla bozza del documento finanziario i contributi proposti dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno. La scure dei tagli si è abbattuta anche sulle richieste avanzate dai deputati per i propri territori, nell’ottica di un bilancio più sobrio e centralizzato.

 

Tra i settori colpiti anche il Turismo, che subirà un ridimensionamento dei fondi. Una scelta che, secondo l’assessore all’Economia, punta a ridurre la spesa discrezionale e privilegiare interventi strutturali. “Non ci sono più margini per le vecchie logiche – ha spiegato un esponente della giunta – Serve rigore.”

 

La mossa ha già provocato tensioni all’interno della maggioranza, con alcuni deputati che lamentano il mancato ascolto delle esigenze locali. Ma il governo regionale tira dritto: la parola d’ordine è razionalizzare.

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A Mazara del Vallo cala
il turismo, ma la colpa non è mai del Comune

Il turismo cala, l’economia locale fatica, le strade si riempiono di erbacce e i cittadini si indignano. Ma per l’assessore comunale al Turismo, Germana Abbagnato, la responsabilità del calo dei visitatori non sarebbe da attribuire a una politica comunale miope o all’assenza di una strategia turistica efficace. No, secondo l’assessore, la colpa è dei commercianti, dei ristoratori e degli operatori turistici locali.

Una dichiarazione che ha dell’incredibile e che ha scatenato la reazione stizzita di molti cittadini e professionisti del settore. In un momento storico in cui la concorrenza tra territori per attrarre visitatori è serrata, puntare il dito contro chi, con fatica, tiene in piedi l’accoglienza turistica locale appare non solo ingeneroso, ma anche profondamente fuori fuoco.

Mazara, cuore del Mediterraneo, vanta un patrimonio storico, culturale e gastronomico di prim’ordine. Eppure, chi oggi passeggia tra le vie del centro o si spinge nelle zone residenziali trova erbacce ai bordi delle strade, marciapiedi dissestati e una generale sensazione di abbandono. Un’immagine ben lontana da quella cartolina che ogni amministrazione comunale dovrebbe impegnarsi a promuovere.

E mentre altre città siciliane investono in pulizia, decoro urbano, eventi di richiamo e campagne di comunicazione mirate, a Mazara sembra prevalere l’improvvisazione. Manca una visione, una progettualità, persino una semplice manutenzione ordinaria. E quando le cose non vanno per il verso giusto, si cercano capri espiatori.

Siamo al paradosso: il Comune, che dovrebbe fungere da regista e facilitatore, scarica le colpe su chi ogni giorno, tra mille difficoltà, tenta di offrire un servizio all’altezza. Invece di costruire un fronte comune per rilanciare l’immagine della città, si alimenta un clima di sfiducia e disillusione.

Forse è il caso che qualcuno in via Carmine, sede del Palazzo comunale, si fermi un attimo a riflettere. Magari partendo dalle “piccole cose”: pulire le strade, curare il verde, garantire i servizi essenziali. E, soprattutto, ascoltare di più chi vive la città ogni giorno. Perché senza rispetto per chi lavora, non c’è turismo che tenga.

Ma per favore, Assessore… ci faccia il piacere.

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Bird strike dopo il decollo: il volo Palermo-Milano Linate costretto a rientrare. Paura tra i passeggeri ma nessun ferito

 

Palermo, 2 luglio 2025 – Attimi di tensione oggi all’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo, dove il volo Ita Airways diretto a Milano Linate delle 12:45 è stato costretto a rientrare poco dopo il decollo a causa di un bird strike. Il Boeing, appena alzatosi in volo, ha infatti impattato contro un gruppo di gabbiani, costringendo l’equipaggio a invertire la rotta per motivi precauzionali.

 

Secondo quanto riferito da fonti aeroportuali, non si sono registrati danni strutturali gravi né problemi alla sicurezza dell’aereo, ma i protocolli previsti in questi casi hanno imposto un immediato ritorno allo scalo palermitano. "La situazione è stata sempre sotto controllo", fanno sapere da Ita Airways, ma per i passeggeri non sono mancati momenti di apprensione.

 

Dopo l’atterraggio, il velivolo è stato sottoposto ai controlli tecnici di rito e il volo è stato ufficialmente cancellato. I passeggeri sono stati fatti scendere e assistiti a terra, in attesa della riprotezione su altri collegamenti disponibili. Diversi i disagi lamentati, soprattutto per la mancanza di informazioni tempestive e per le lunghe attese.

 

Il fenomeno del bird strike – la collisione tra aerei e volatili – è relativamente frequente, specie in prossimità degli aeroporti situati vicino a zone costiere o aree verdi. In genere, si tratta di episodi che non comportano gravi conseguenze, ma possono avere impatti significativi sull’operatività dei voli.

 

Ita Airways ha assicurato che tutti i passeggeri coinvolti saranno riprotetti nel più breve tempo possibile. Nel frattempo, proseguono le verifiche tecniche sul velivolo coinvolto.

Si allarga l’inchiesta all’Asp di Trapani: 19 indagati tra medici, infermieri e tecnici. Ipotesi di omicidio colposo

Trapani – L’inchiesta sui ritardi nella refertazione degli esami istologici all’Asp di Trapani si fa sempre più grave e complessa. Salgono infatti a 19 le persone indagate, tra medici, infermieri e tecnici sanitari. Le accuse ipotizzate vanno dall’omissione di atti d’ufficio fino all’omicidio colposo, in un quadro giudiziario che potrebbe presto estendersi anche a profili di natura amministrativa.

L’indagine, avviata nel 2023, ruota attorno ai sospetti di gravi negligenze nei tempi di diagnosi dei tumori, che avrebbero compromesso – secondo gli inquirenti – le possibilità di cura di diversi pazienti oncologici. Due di questi, purtroppo, sono già deceduti. Altri sette sono stati sottoposti a una valutazione medico-legale, richiesta dai pubblici ministeri Sara Morri e Antonella Trainito, che hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari l’incidente probatorio per acquisire elementi probatori non ripetibili in vista di un possibile processo.

La nuova istanza, depositata dopo la prima richiesta del 19 giugno, arriva in seguito a ulteriori informative dei Carabinieri del Nas di Palermo. I nuovi accertamenti hanno portato all’iscrizione di ulteriori soggetti nel registro degli indagati, ampliando lo spettro dell’inchiesta. Nel mirino della Procura potrebbero presto finire anche ex dirigenti dell’azienda sanitaria provinciale, tra cui l’ex commissario straordinario Ferdinando Croce, il cui nome – pur non essendo al momento formalmente iscritto – compare tra quelli al vaglio degli inquirenti.

Il caso solleva interrogativi drammatici sulla gestione della sanità pubblica in provincia di Trapani, dove ritardi diagnostici potrebbero aver fatto la differenza tra la vita e la morte. La magistratura intende ora accertare le eventuali responsabilità individuali e le carenze sistemiche che hanno permesso il verificarsi di situazioni tanto gravi.

L’attenzione resta altissima anche da parte delle associazioni dei pazienti e dei comitati civici, che chiedono trasparenza e giustizia. L’Asp di Trapani, al momento, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali.

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Ondate di calore e incendi: l’altra emergenza dell’estate italiana

Con temperature che sfiorano i 40 gradi, basta una scintilla per trasformare un angolo verde in un inferno di fiamme. Mentre l’Italia affronta l’ennesima ondata di caldo estivo, si riaccende anche l’allarme incendi boschivi: una minaccia silenziosa ma devastante che ogni anno consuma ettari di natura e mette a rischio vite umane e animali.

Il volto più drammatico dell’estate non è solo quello dell’afa e delle notti tropicali, ma anche quello dei pennacchi di fumo che si alzano dalle aree verdi delle città e dai polmoni verdi del Paese. Il rischio incendi è in crescita costante, alimentato da siccità, vegetazione secca e comportamenti irresponsabili.

Per fronteggiare l’emergenza, il governo ha avviato già dal 15 giugno la Campagna Antincendio Boschivo (AIB), che si concluderà il 15 ottobre. L’obiettivo è chiaro: coordinare e rafforzare gli interventi di prevenzione e spegnimento, in una strategia congiunta tra Stato e Regioni.

In caso di incendio, aferma il Dipartimento della Protezione Civile, l’intervento iniziale spetta alle squadre di terra regionali. Ma se il rogo cresce, si attivano i mezzi aerei: elicotteri regionali in prima battuta e, nei casi più gravi, la flotta aerea dello Stato. Questa conta 15 velivoli Canadair CL415, 4 elicotteri Erickson S64F e altri 11 elicotteri messi a disposizione da Difesa, Vigili del Fuoco e Carabinieri.

La prevenzione resta l’arma più efficace, e passa anche dai comportamenti quotidiani: evitare di accendere fuochi all’aperto, non abbandonare mozziconi accesi, segnalare tempestivamente ogni principio d’incendio. Perché, in un’estate rovente come questa, anche il più piccolo gesto può fare la differenza tra la vita e la cenere.

“Presunzione di innocenza:
un principio costituzionale tradito dalla politica”

Nel cuore della nostra democrazia, tra i pilastri fondamentali che la sorreggono, c’è un principio giuridico tanto semplice quanto sacro: la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Un diritto costituzionale, ribadito anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che sancisce che ogni persona accusata di un reato è innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata provata “oltre ogni ragionevole dubbio”.

Eppure, questo principio cardine sembra valere solo nelle aule dei tribunali, mentre viene sistematicamente ignorato nei palazzi della politica. Un avviso di garanzia, che dovrebbe essere uno strumento di tutela dell’indagato, si trasforma puntualmente in un’arma politica di distruzione personale. Basta che un ministro o un sottosegretario venga sfiorato da un’indagine preliminare, ed ecco che le opposizioni – di qualsiasi colore siano – alzano il tiro e chiedono le dimissioni immediate, trasformando l’indagine in una condanna mediatica.

Il paradosso è evidente: la giustizia impone prudenza e rispetto dei tempi, la politica risponde con la ghigliottina dell’opinione pubblica. Una forma di giustizialismo preventivo che nega alla radice il diritto alla difesa e, peggio ancora, alimenta un clima in cui il sospetto basta per distruggere carriere, reputazioni e credibilità.

Senza voler entrare nel merito dei singoli casi giudiziari – che spettano esclusivamente alla magistratura – è evidente che questo meccanismo ha già prodotto conseguenze gravissime nella storia recente del nostro Paese. La caduta della Prima Repubblica non fu il frutto di una rivoluzione popolare o di un’ondata di cambiamento consapevole, ma l’esito di una serie di avvisi di garanzia che colpirono figure di primo piano. Politici, anche di grande spessore istituzionale, furono spazzati via non da sentenze definitive, ma da procedimenti spesso mai giunti a condanna.

Questo non significa mettere in discussione il ruolo della magistratura, né negare l’esistenza di reati nei piani alti delle istituzioni. Tutt’altro: la legalità deve essere sempre perseguita. Ma perseguirla non può voler dire permettere che la politica si trasformi in un tribunale parallelo, dove si emettono sentenze in base al tornaconto elettorale del momento.

Non si tratta di difendere i “potenti”, ma di difendere lo Stato di diritto. Se oggi si accetta che basti un’indagine per chiedere la testa di un avversario, domani nessuno sarà al sicuro da un clima di caccia alle streghe. Serve equilibrio, senso dello Stato e soprattutto rispetto per i diritti fondamentali, anche quando coinvolgono figure pubbliche.

In una democrazia matura, la presunzione di innocenza non può essere a geometria variabile, né piegata alle logiche della propaganda. O vale per tutti, sempre, oppure è solo un’ipocrisia scritta sulla carta. E di ipocrisia, la politica italiana ne ha già conosciuta troppa.

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Pulmino si ribalta tra Palermo
e Monreale: feriti bambini affidati a una Onlus sotto osservazione

2 luglio 2025

C'è un mondo sommerso che opera al di fuori della legalità, sotto la veste rassicurante di associazioni e società onlus. Un mondo in cui, tra gravi omissioni e controlli inesistenti, si arriva persino ad ottenere affidamenti di minori da parte dei tribunali. Un episodio emblematico e inquietante di questo sistema opaco è emerso lungo la strada tra Palermo e Monreale, dove un pulmino con a bordo alcuni bambini si è ribaltato, causando diversi feriti.

Il mezzo trasportava una comitiva di 21 tra bambini e ragazzini, tutti di età compresa tra i 6 e i 13 anni, affidati alla onlus Aspasia, con sede in via Vasco De Gama all’Addaura. I minori vivono presso la comunità alloggio “Gli Amici di Giancarlo”, una delle strutture gestite dalla stessa associazione, che ha ricevuto l’affidamento dei piccoli dal Tribunale per i minorenni di Palermo.

Dopo l’incidente, alcuni dei bambini sono stati trasportati d’urgenza all’ospedale Cervello del capoluogo siciliano, dove hanno ricevuto le cure del caso. Fortunatamente, le condizioni dei feriti non sembrano gravi, ma l’episodio ha fatto scattare un campanello d’allarme ben più profondo.

Secondo le prime ricostruzioni, il pulmino coinvolto nell'incidente non sarebbe stato revisionato e, ancor più grave, non risulterebbe coperto da una polizza assicurativa attiva. Un’omissione che solleva interrogativi pesanti sulla gestione della sicurezza da parte dell’associazione e sulla superficialità dei controlli previsti per chi si occupa di minori vulnerabili.

La gita da cui i ragazzi stavano facendo ritorno doveva essere un momento di svago estivo. Si è trasformata invece in un incubo che ha riportato alla luce le lacune del sistema di affido e delle convenzioni pubbliche con realtà che, seppur legalmente riconosciute, sembrano operare ai margini della normativa.

Sul caso indagano ora le autorità competenti, mentre cresce la preoccupazione per il quadro più ampio: come è possibile che un’associazione con tali mancanze riesca a ottenere la custodia di minori? Chi controlla, e con quale rigore, le condizioni di sicurezza e affidabilità di queste strutture?

L'incidente ha acceso i riflettori su una realtà troppo spesso ignorata: quella di un welfare sommerso, in cui il confine tra assistenza e abbandono, tra tutela e trascuratezza, diventa pericolosamente sottile.

Le famiglie affidatarie, i servizi sociali e i magistrati minorili sono ora chiamati a una riflessione urgente. Perché dietro ogni pratica, dietro ogni affidamento, ci sono bambini reali. E troppo spesso, sono proprio loro a pagare il prezzo delle inefficienze di un sistema che dovrebbe proteggerli.

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I MORTI CONTINUANO A VIVERE...

Disabili gravissimi, l’Asp 

 

di Messina eroga per anni indennità a pazienti deceduti: danno da quasi 1,9 milioni di euro

 

La Corte dei conti accende i riflettori sui bilanci dell’Azienda sanitaria: "Grave carenza nei controlli interni".

 

Per almeno cinque anni, dal 2019 al 2023, l’Asp di Messina ha erogato indennità destinate ai disabili gravissimi a persone ormai decedute da tempo, generando un esborso indebito pari a quasi 1,9 milioni di euro. È quanto emerso da un'attività di controllo interna alla stessa Azienda sanitaria provinciale, evidenziata anche durante una verifica condotta nel maggio scorso dalla Corte dei conti sui bilanci 2020, 2021 e 2022.

 

La magistratura contabile ha basato la propria analisi sulle relazioni del Collegio sindacale, che ha espresso un parere negativo sull’affidabilità del sistema di controllo interno dell’Asp, sottolineando l’esistenza di «una grave carenza che potrebbe configurare danno erariale».

 

Secondo quanto riferito dalla direzione dell’Azienda sanitaria, il problema deriverebbe da ritardi — o addirittura dall’assenza — di comunicazioni ufficiali relative al decesso dei beneficiari. La Direzione generale, accortasi della situazione, ha inviato lo scorso 23 settembre una nota urgente ai direttori dei distretti sanitari, sollecitando la chiusura di tutti i procedimenti amministrativi necessari per il recupero delle somme non dovute.

 

Dall’attività di verifica è emerso, al 16 settembre 2024, un totale di 1.867.593 euro erogati in maniera indebita. Di questi, 970.463 euro sono già stati recuperati, mentre restano da recuperare ancora 897.129 euro.

 

L’intera vicenda riaccende il dibattito sull’efficienza del sistema di controllo nella pubblica amministrazione, in particolare in ambito sanitario, dove la gestione delle risorse destinate a soggetti fragili richiede la massima attenzione e trasparenza.

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Indagata per corruzione l’assessora regionale allo Sport Elvira Amata: coinvolta nell’inchiesta che tocca il presidente dell’Ars Galvagno

 

Nuovo colpo di scena nella complessa inchiesta per corruzione coordinata dalla Procura di Palermo che ha già coinvolto il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno. Tra gli indagati figura ora anche l’assessora regionale allo Sport, Turismo e Spettacolo, Elvira Amata.

 

Secondo quanto emerge, i militari della Guardia di Finanza hanno notificato all’assessora un avviso di richiesta di proroga delle indagini preliminari, atto che conferma l’iscrizione formale nel registro degli indagati per corruzione per l’esercizio della funzione. La notizia è stata confermata dal suo legale, l’avvocato Sebastiano Campanella: «Abbiamo ricevuto la richiesta mesi fa – ha dichiarato il penalista – che adesso sarà stata verosimilmente accolta dal giudice per le indagini preliminari. Ma, al momento, non abbiamo accesso agli atti né ulteriori dettagli sul contenuto dell’indagine. Sicuramente non ci è stato notificato altro».

 

L’indagine ruota attorno all’assegnazione di contributi pubblici a enti e fondazioni per l’organizzazione di eventi culturali. In cambio, secondo l’accusa, sarebbero stati promessi o assegnati incarichi e consulenze a persone vicine allo staff del presidente Galvagno. Quest’ultimo risulta già indagato per corruzione insieme alla sua portavoce Sabrina De Capitani – che nel frattempo ha rassegnato le dimissioni – alla presidente della Fondazione Dragotto, Caterina "Marcella" Cannariato, all’imprenditore e organizzatore di eventi Nuccio La Ferlita e a Marianna Amato, dipendente della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana.

 

L’inchiesta, ancora in fase preliminare, continua a scuotere i vertici della politica regionale, gettando ombre sulle dinamiche di gestione dei fondi pubblici destinati alla cultura in Sicilia. Nessuna misura cautelare è stata al momento adottata, ma la proroga delle indagini lascia intendere che gli inquirenti stanno cercando di definire con precisione i contorni dell’ipotizzata rete di favori e scambi illeciti.

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Fratelli d’Italia nel caos: a Marsala c’è il veto su Grillo, ma a Mazara va bene Quinci. Bilardello verso l’espulsione

Marsala e Mazara del Vallo, due città vicine, ma per Fratelli d’Italia sembrano appartenere a due mondi diversi. Se a Marsala l’alleanza con il sindaco Massimo Grillo viene giudicata intollerabile al punto da sanzionare chi vi resta dentro, a Mazara il sostegno al sindaco Salvatore Quinci, che governa insieme al centrosinistra alla provincia, pare invece non turbare affatto gli equilibri interni al partito meloniano. Una doppia morale che sta alimentando polemiche e malumori nella base e tra i dirigenti locali.

Il caso esploso nelle ultime ore riguarda Ignazio Bilardello, assessore a Marsala, che ha rifiutato di dimettersi dalla giunta Grillo nonostante le pressioni del suo partito. La sua posizione di resistenza ha scatenato un vero cortocircuito con i vertici provinciali di Fratelli d’Italia. Il presidente provinciale Maurizio Miceli ha deciso di procedere con l’espulsione del dirigente, ritenuto ormai fuori linea rispetto alla linea del partito.

Bilardello sarà dunque deferito al collegio dei probiviri, come da prassi statutaria. Prima dell’eventuale provvedimento definitivo ci sarà un’audizione per consentire all’assessore di esporre le sue ragioni, ma l’esito sembra già scritto: la linea del partito è chiara, “chi non si allinea è fuori”.

L’episodio ha però sollevato interrogativi sulle diverse misure adottate in contesti simili. A Mazara del Vallo, Fratelli d’Italia continua a sostenere – senza clamore – l’amministrazione guidata da Quinci, nonostante quest’ultima collabori stabilmente con forze di centrosinistra. Nessuna espulsione, nessun deferimento, nessun ultimatum. Una discrepanza che rischia di minare la credibilità dell’azione politica del partito in provincia.

Per molti osservatori si tratta di un punto di non ritorno. L’impressione è che la questione vada ben oltre una semplice diatriba amministrativa: in gioco c’è la coerenza politica di Fratelli d’Italia nel territorio, la tenuta interna e la capacità di parlare con una sola voce.

Ora resta da vedere se l’eventuale espulsione di Bilardello sarà un atto isolato o l’inizio di un’ulteriore resa dei conti. Ma il messaggio, da parte dei vertici provinciali, è già arrivato forte e chiaro: il dissenso non è contemplato.

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BENVENUTA TECNOLOGIA

Trapani dichiara guerra agli incivili: in volo il drone del piano “A tia taliu” contro l’abbandono dei rifiuti

È già operativo il drone del nuovo piano anti-degrado “A tia taliu”, lanciato dall’amministrazione comunale di Trapani per contrastare l’abbandono indiscriminato dei rifiuti sul territorio. Con il suo occhio elettronico puntato sulle aree più sensibili della città, il drone rappresenta il simbolo di una strategia integrata e ad alto impatto che promette di cambiare il volto della città, colpendo duramente chi sporca.

Il piano, presentato nei giorni scorsi dal sindaco e dagli assessori all’Ambiente e alla Sicurezza, prevede un mix di tecnologia avanzata, potenziamento della videosorveglianza, nuove squadre ecologiche in azione sul territorio e l’attivazione — a partire dal 1° luglio — di un numero telefonico dedicato alle segnalazioni anonime da parte dei cittadini.

Ma non solo. L'iniziativa si distingue anche per una campagna di sensibilizzazione multilingue, destinata a raggiungere non solo i residenti, ma anche i turisti e i lavoratori stranieri, spesso ignari delle regole locali sul conferimento dei rifiuti.

Le sanzioni sono pesanti: chi verrà sorpreso ad abbandonare sacchetti o materiali ingombranti rischia multe fino a 10.000 euro. “Non si tratta di una semplice campagna repressiva — ha dichiarato il sindaco — ma di un’azione culturale. Vogliamo far capire che l’ambiente è un bene di tutti e che chi lo danneggia, danneggia l’intera comunità”.

I primi risultati non si sono fatti attendere. Già in questi giorni il drone ha individuato alcuni casi di abbandono illecito di rifiuti in periferia e nelle contrade, consentendo agli agenti della polizia municipale di avviare le procedure sanzionatorie.

Il messaggio è chiaro: a Trapani non si chiude più un occhio. “A tia taliu”, letteralmente “Ti sto guardando”, non è solo uno slogan: è una dichiarazione d’intenti. L’era dell’impunità sembra finita.

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LA VUCCIRIA DI PALERMO...
PECCATO

Una tranquilla serata nel cuore pulsante della movida palermitana si è trasformata in un incubo per cinque giovani turisti, vittime di una brutale aggressione tra le vie della Vucciria. L’episodio, avvenuto nella notte tra venerdì e sabato, ha visto protagonisti quattro ragazzi portoghesi e una ragazza italiana, che stavano trascorrendo la serata tra locali e musica nel celebre quartiere del centro storico.

Secondo quanto ricostruito, il gruppo sarebbe stato preso di mira da un manipolo di giovani palermitani che li avrebbe avvicinati con fare minaccioso per poi rapinarli. I turisti avrebbero tentato di opporre resistenza, dando origine a una violenta colluttazione. Le magliette sporche di sangue indossate da due dei ragazzi testimonierebbero la durezza dello scontro.

Nonostante il tentativo di difendersi, i rapinatori sono riusciti a fuggire con cellulari e denaro. I cinque giovani, scossi e impauriti, sono tornati in fretta al loro alloggio in corso Vittorio Emanuele, nei pressi dei Quattro Canti. Ma l’incubo non era ancora finito.

Il gruppo di aggressori, infatti, avrebbe seguito i turisti fino a pochi passi dalla loro casa vacanza, dove, secondo quanto riferito dalle vittime, avrebbero importunato in modo pesante la ragazza italiana. Per timore che la situazione potesse degenerare ulteriormente, il gruppo si è rifugiato in un B&B nei pressi di piazza Villena. Qui, la giovane avrebbe preso una stanza d'urgenza per passare la notte in un luogo sicuro.

Un campanello d’allarme sulla sicurezza nel centro storico

L’episodio riaccende i riflettori su una questione sempre più urgente: la sicurezza nella zona della Vucciria, da tempo teatro di episodi di violenza, furti e aggressioni. Un quartiere che, pur essendo uno dei simboli più suggestivi della Palermo storica, si sta trasformando in un territorio a rischio, specie nelle ore notturne.

“È evidente che c’è una sottovalutazione del problema sicurezza”, commenta un residente della zona. “La Vucciria dovrebbe essere un luogo di accoglienza e di cultura, e invece continua a finire sulle cronache per episodi di criminalità”.

Al momento non è chiaro se i responsabili siano stati identificati. Le forze dell’ordine stanno acquisendo le testimonianze dei turisti e le immagini delle telecamere di sorveglianza nella zona, con l’obiettivo di rintracciare gli aggressori.

Intanto cresce l’indignazione e la preoccupazione tra cittadini, turisti e operatori del turismo, che chiedono interventi urgenti per garantire sicurezza e decoro in una delle aree più visitate e fotografate della città.

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Estorsione con metodo mafioso a due imprenditori toscani: il Riesame dispone il carcere per la figlia e il genero di Totò Riina

 

Avrebbero estorto denaro a due imprenditori toscani con pressioni e minacce dal sapore mafioso. Per questo motivo, il Tribunale del Riesame di Firenze ha disposto la misura cautelare in carcere per Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, rispettivamente figlia e genero del defunto boss di Cosa nostra, Salvatore Riina.

 

I due sono indagati per estorsione e tentata estorsione in concorso, reati aggravati dal metodo mafioso. La procura di Firenze aveva inizialmente chiesto la misura cautelare, ma la richiesta era stata rigettata dal giudice per le indagini preliminari. Ora, però, il Riesame ha accolto il ricorso presentato dai pubblici ministeri, ravvisando non solo gravi indizi di colpevolezza, ma anche un concreto rischio di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato.

 

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia fiorentina, i fatti risalgono all’agosto del 2024. Le indagini hanno fatto emergere un quadro preoccupante: Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello avrebbero rivolto ai due imprenditori "pressanti e minacciose richieste di denaro", che in almeno un caso avrebbero avuto successo, portando uno degli imprenditori a consegnare materialmente del denaro alla donna.

 

Particolarmente inquietante il ruolo di Ciavarello: sebbene fosse detenuto in un penitenziario, l’uomo sarebbe riuscito a comunicare con l’esterno utilizzando un cellulare non autorizzato, inviando messaggi sia alla moglie che agli imprenditori coinvolti.

 

Il provvedimento cautelare disposto dal Riesame non è ancora esecutivo, in quanto impugnabile. Tuttavia, segna un passaggio importante nell’inchiesta della Dda fiorentina, che mira a fare luce su eventuali ramificazioni mafiose attive anche fuori dai tradizionali territori di influenza di Cosa nostra.

 

L’indagine prosegue nel massimo riserbo, ma le accuse — aggravate dal metodo mafioso — delineano un contesto in cui il nome dei Riina continua a evocare intimidazione e potere, anche a distanza di anni dalla morte del “capo dei capi”.

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CONDANNATO LO SCIUTO

Processo Artemisia, arriva la sentenza: Giovanni Lo Sciuto condannato a 12 anni

L’ex vicepresidente della Commissione antimafia all’Ars riconosciuto colpevole. Nove condanne e sette assoluzioni nel primo grado del processo

Dopo una lunga attesa, è arrivata la sentenza di primo grado per il processo “Artemisia”, uno dei procedimenti giudiziari più delicati degli ultimi anni nel panorama politico siciliano. Il tribunale di Trapani ha condannato a 12 anni di reclusione Giovanni Lo Sciuto, ex deputato regionale ed ex vicepresidente della Commissione antimafia all’Assemblea Regionale Siciliana.

Secondo l’accusa, sostenuta dalla Procura di Trapani, Lo Sciuto era al centro di un sistema di potere che avrebbe fatto leva su pratiche di corruzione, peculato e, soprattutto, sull’esistenza di una presunta loggia segreta in grado di influenzare scelte politiche e amministrative nel territorio trapanese.

Il medico castelvetranese era imputato insieme ad altre 15 persone, coinvolte nell’inchiesta scaturita dall’operazione condotta nel 2019 dai carabinieri del Comando provinciale di Trapani. L’indagine, che all’epoca aveva avuto grande eco mediatica, aveva fatto emergere un presunto sistema parallelo di potere che avrebbe compromesso il regolare funzionamento della pubblica amministrazione.

Il verdetto è stato pronunciato ieri dal collegio giudicante presieduto dal giudice Franco Messina, affiancato dai giudici a latere Bandiera e Cantone. Dopo circa cinque ore di camera di consiglio, il tribunale ha emesso nove condanne e sette assoluzioni.

Nonostante la complessità del quadro accusatorio, il giudizio di primo grado ha confermato gran parte dell’impianto della Procura, pur assolvendo quasi la metà degli imputati. La sentenza rappresenta un punto fermo in un processo che, fin dalle sue fasi iniziali, ha sollevato interrogativi sul rapporto tra potere politico e reti occulte di influenza.

Gli avvocati della difesa hanno già annunciato ricorso in appello. “È una sentenza che non condividiamo – ha dichiarato uno dei legali di Lo Sciuto – e che impugneremo con fermezza. Confidiamo che nei successivi gradi di giudizio venga fatta piena luce”.

Il processo Artemisia non si chiude dunque qui. Ma la sentenza di primo grado segna una tappa cruciale nella ricostruzione giudiziaria di un inquietante intreccio tra politica e poteri occulti nella Sicilia recente.

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CENTRODESTRA, LA LEZIONE DELLE PROVINCIALI: ORA SERVE MATURITÀ E CAPACITÀ DI ASCOLTO

 L'esito delle recenti elezioni provinciali ha consegnato al centrodestra una lezione importante e inequivocabile: si può stravincere sulle liste, ma perdere sulla figura del presidente. È un dato di fatto che non può essere ignorato o minimizzato. Di fronte a questa realtà, serve una riflessione seria e matura, che guardi oltre i numeri e colga il senso politico più profondo del voto.

Il centrodestra, se vuole tornare competitivo e credibile nelle prossime competizioni elettorali, dovrà cambiare passo. Serve una maggiore maturità politica, fatta di dialogo, confronto e – soprattutto – ascolto. Non si può far finta che nulla sia successo, non si può ignorare la distanza tra il corpo elettorale e alcune scelte calate dall’alto, spesso poco condivise e scarsamente rappresentative delle reali esigenze del territorio.

La città di Marsala merita un candidato sindaco che non sia semplicemente un nome spendibile, ma una figura autorevole, affidabile, con un solido background personale e politico. Un candidato capace di dialogare con tutte le anime della città e del centrodestra, e che sappia rappresentare un punto di sintesi più che di divisione. Solo così sarà possibile costruire una proposta credibile, attrattiva e, soprattutto, fattiva. Una proposta capace di dare risposte concrete ai cittadini, senza alimentare tensioni o interferenze nei processi interni ai partiti.

Nel recente passato, troppe volte si è assistito a scelte forzate, a candidature imposte senza un reale percorso di condivisione. Il risultato? Frammentazione, incomprensioni, sconfitta. È ora di voltare pagina.

L’auspicio è che, invece di concentrarsi sin da ora su nomi facili da spendere ma fragili nel lungo periodo, il centrodestra sappia costruire un percorso serio e condiviso. Solo così si potrà individuare una personalità all’altezza della sfida, capace di garantire non solo consenso, ma anche stabilità e progettualità per Marsala.

La sfida, insomma, è aperta. Ma il primo passo è uno solo: saper ascoltare.

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Perchè no? Visto quel che passa il convento...

C’è una dinamica ricorrente nella politica contemporanea, una sorta di deriva narcisistica mascherata da ambizione. Si finisce col perdere la propria dimensione, il senso dei limiti, la percezione reale di ciò che si è — e, soprattutto, di ciò che non si è. È una trasformazione insidiosa, spesso silenziosa, alimentata da un insieme di coincidenze fortunate più che da reali meriti o competenze.

Accade così che una persona venga proiettata in un ruolo assessoriale o addirittura alla guida di una città, talvolta per circostanze più dettate da equilibri politici che da qualità personali. E da lì inizia un processo di auto-esaltazione, quasi inevitabile: si perde il contatto con la realtà, si ignorano i fallimenti oggettivi della propria gestione, e si cominciano a disegnare scenari futuri ben oltre la propria portata.

È il punto in cui la politica smette di essere servizio e diventa palcoscenico. Il confronto con i cittadini si fa sempre più rarefatto, le critiche vengono percepite come attacchi personali, il malcontento sociale viene minimizzato o, peggio, ignorato. Il consenso non è più cercato nella concretezza dell’agire quotidiano, ma nell’immagine che si costruisce di sé.

L’errore più grave? Credere che tutto sia raggiungibile solo perché lo si desidera, dimenticando che l’ambizione, senza competenza, diventa velleitarismo. E così si arriva a scelte sempre più scollegate dalla realtà, in un crescendo che sfocia nell’illusione di onnipotenza. Quella stessa illusione che, prima o poi, la realtà si incarica puntualmente di smascherare.

E quando ciò accade, la caduta è rovinosa. Ma nel frattempo, il danno è fatto: alla città, alle istituzioni, e alla fiducia dei cittadini. Perché ogni volta che il potere si trasforma in vanità, a pagarne il prezzo non è solo chi si monta la testa, ma l’intera collettività.

LE MERAVIGLIE DI MARSALA

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UN CORTILE È UN CONTENITORE DEL PASSATO, UN LUOGO DEL PRESENTE MA ANCHE UNA RICCHEZZA PER IL FUTURO

Ci sono posti interessanti che dovrebbero essere esaltati e riproposti alla gente...

SI RIUNISCE IL CONSIGLIO DI SICUREZZA ONU.
FORSE USA E ISRAELE SI PREOCCUPANO.
FORSE

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ROTOCALCO DELLA SICILIA EDIZIONE DEL 29 APRILE 2024

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